di Chiara Savoi

SIENA. Si apre il sipario e dieci attori stanno immobili con dei sorrisi finti, irreali, mentre dietro si muove qualcuno. Si capisce dopo, ma rappresentano i non pazzi, quelli che vivono fuori dal manicomio, che hanno le loro vite, false come i loro sguardi. E quest'opera giovanile, Ditegli sempre di sì, per la regia di Roberto Andò, prodotta da Elledieffe, la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo e Fondazione Teatro della Toscana, di Eduardo De Filippo può così iniziare, con l'immancabile donna delle pulizie, pettegola e tuttofare che rimette a posto il divano usato per dormire. Certo che se la servetta dorme dove poi staranno seduti sia la padrona che gli ospiti vuol dire che la famiglia non se la sta passando tanto bene e infatti arriva Don Luigino, mancato dottore, mancato attore e mancato poeta che sta a pigione nell'appartamento di Donna Teresa, una non particolarmente convincente Carolina Rosi. Don Luigino incanta tutti con una magistrale lezione sulla risata: quella rosa dei poeti, quella sarcastica, da bonaccione e, soprattutto, quella satanica perché Dottore ma voi lo sapete cos'è più difficile per un attore? Ridere e piangere e riesce a convincere i suoi ascoltatori facendo credere loro di essere orfano e morto di fame. Donna Teresa è agitata e si scopre presto il motivo: sta aspettando il Dottore (quello vero) che riporterà a casa suo fratello dal manicomio.

Già, il manicomio. Lei non ha raccontato la verità della lontananza di Don Michele (suo fratello) a nessuno, per non rovinargli la reputazione e adesso che Don Michè torna a casa è felice, ma anche timorosa: il Dottore forse ha peccato in ottimismo verso questo suo paziente che è guarito, ma non troppo e comunque Voi, assecondatelo, servitelo. E così tutto il testo (bellissimo) fa oscillare tra la pazzia e la cosiddetta normalità. Chi sono i normali? Chi sono i pazzi? È pazzo Michele? Non sembra pazzo quando arriva, casomai un po' perso, maniaco della precisione, impaurito dai cambiamenti, attento ai dettagli, alle parole non esatte, ma pazzo no. Non sembra neanche arreso, ma non vuole più tornare in manicomio anzi, non riesce neanche ad ascoltare questa parola senza sentirsi male. L'origano si è seccato, bisogna cambiare vaso, quante altre cose andrebbero cambiate? Ci pensa Don Michele a cambiarle, creando ambiguità e dando origine a una meravigliosa commedia degli equivoci. Don Michele ascolta e sembra aver capito tutto, ma poi rielabora come sembra meglio a lui e gli altri si ritrovano imbrigliati nei suoi errori. Il ritmo è sostenuto, le tre porte si aprono e si chiudono di continuo come nella tradizione di De Filippo e le battute conducono il pubblico alla risata attraverso semplici escamotages e altrettanto semplici dialoghi. Ogni personaggio arriva e porta la sua storia impelagandosi presto nella razionale pazzia di Don Michele. Come Ettore, agente immobiliare imbroglione innamorato di Olga: Non ha né padre né madre; e chi l'ha fatta allora? Ma come chi l'ha fatta? Suo padre e sua madre, no? Ma che domande! Ma avete detto che non aveva né padre né madre e la logica di Don Michele non fa una piega. Chi sono i matti? Tony Laudadio è uno straordinario pazzo, un pazzo metodico, gentile, uno che prende tutto alla lettera e non capisce l'ironia. Le parole sono importanti, ma le metafore non esistono nella sua grammatica. La sua pazzia è docile e lui è un uomo gentile, affabile, che conduce quelli che parlano con lui in un terreno in cui la verità diventa menzogna perché è portata all'eccesso come quando Don Vincenzo esce di scena dicendo sono morto e Don Michè scrive un telegramma di condoglianze alla famiglia. C'è il Dottore un po' giocherellone e poco credibile, il padrone di casa Don Giovanni, di nome e di fatto, il poeta e attore mancato che è quello che più subirà i suoi scherzi perché dice una frase che Don Michele non può apprezzare: Quello che succede in teatro può succedere nella vita. Nel II° atto si svolge un divertentissimo gioco sulle parole giuste che ha il suo culmine nelle continue interruzioni di Don Michè durante l'interpretazione di Don Luigino di una sua poesia. Il pubblico ride. Tu sei un pericolo per la società, tu sei pazzo. La gente ha paura di te, gli amici, i familiari. Possono compatire, ma solo fino ad un certo punto, poi si rassegnano. Tornatene al manicomio. Con Carolina Rosi, Tony Laudadio, Andrea Cioffi, Antonio D’Avino, Federica Altamura, Vincenzo Castellone, Nicola Di Pinto, Paola Fulciniti, Viola Forestiero, Vincenzo D’Amato, Gianni Cannavacciuolo e Boris De Paola.

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