PRATO. Certe volte bisognerebbe avere il coraggio di non applaudire. E dissentire. Apertamente. È quello che avremmo voluto e dovuto fare ieri sera, al Fabbricone di Prato, al termine del facoltosissimo videogioco Nottuari, fortemente reclamizzato dalla stampa qualificata e superprodotto dal Met in collaborazione sinergica con il Teatro di Roma, LAC di Lugano, Teatro Piemonte Europa, Emilia Romagna ed ERT, unanimemente convinti nell’esaltare tanto la fonte (Thomas Ligotti), quanto il suo interprete, Fabio Condemi. Nessuno ci ha però obbligato ad andarci, a vederlo, si potrebbe immediatamente chiarire. Ma dal nostro privilegiatissimo punto di osservazione (i posti migliori, offerti gratuitamente), non possiamo subdolamente scegliere solo quello che sappiamo ci piaccia e ci piacerà. Il confronto deve essere totale, figlio di una visione il più possibile larga, ampia, aperta a ogni infiltrazione e immediatamente disposta a percepire, capire, immagazzinare, reclamizzare e rivendere. Informare e formare: questo è il problema. Ma da storici e per nulla pentiti fricchettoni quali siamo per fortuna e per scelta orgogliosi di essere, inebriati dal colore, dal funk e soprattutto dalla joie de vivre, anche quando racconta il dolore, la rinuncia, la morte, al cospetto del mistero, del grigio, del dark, ci spazientiamo, soprattutto quando è figlio di sofisticate architetture che tendono, inevitabilmente, a spostare l’accento della forma, del corpo e della parola altrove, in una cascata di informazioni visive, sonore, emotive che allontanano la ragione, o meglio, la posizione, da un punto di vista che sia, se non incontrovertibile, per lo meno difendibile.
Siamo contrari al teatro/video, quello che vorrebbe farti scoprire che fino a quel momento, oltre a non aver capito praticamente nulla, non sei nemmeno riuscito a portele, le domande che avrebbero invece dovuto angustiarti la vita. Non siamo mai stati sconvolti, anzi, ne siamo continuamente alla ricerca, del potere pietrificante di Medusa, né per quello che riguarda la meravigliosa seduzione femminile, né per l’inevitabile sottotraccia della perversione intellettuale. Il teatro non è comizio, conferenza stampa, trasposizione computerizzata; il teatro è esattamente il contrario: è politica poetica, storia e leggenda, corpo e parola. Dei cubi trasparenti semovibili dai quali appaiono e scompaiono bambine terrorizzate che si calmano solo dopo aver perso la pubertà ma a suon di psicofarmaci, dei rivoli di sangue che sgorgano dall’occhio di Medusa come da una tazza del cesso, di interni di bar praghesi dove si baratta il successo con l’anima e di lezioni filosofiche sull’accezione pittorica dell’insostenibilità dell’essere non sappiamo che farcene; soprattutto a teatro, a cui chiediamo altro. Il mistero che dovremmo riuscire a svelare e combattere viene da una galassia molto più vicino alle nostre abitudini e per vincerlo avremo bisogno di ben altre contraeree.