di Chiara Savoi

SIENA. Una delle cose belle dell'andare a vedere uno spettacolo di danza è che tra il pubblico, quasi sempre, ci sono dei ballerini; e si riconoscono subito appena entrano: camminano come se danzassero, schiene dritte e sguardo sognante. Lo spettacolo può iniziare. Sipario aperto, scenografia data solo dai teli bianchi lungo le tre pareti e nessun oggetto. Luci bianchissime. Arrivano i sette ballerini (Houssni Mijem, El Houssaini Zahid, Nadjib Meherhera, Mohammed Elhilali, Bendehiba Maamar, Badr Benrguibi e Oualid Guennoun) vestiti di bianco e, di spalle, si tolgono la camicia. Il testo di Chantal Thomas e del coreografo Hervé Koubi sottolinea i clichés da combattere, primo fra tutti: le ragazze cuciono e i ragazzi giocano a calcio e i ballerini si alternano in street dance, hip hop e danza contemporanea grazie alle musiche originale di Stephane Fomentin. Il coreografo ha lasciato poco spazio all'immaginazione perché attraverso il testo raccontato alternativamente dai sette protagonisti, riusciamo a capire tutto e a seguire perfettamente la storia del ragazzo che ama la danza e odia il calcio e ogni altro sport e per questo viene bullizzato a scuola e non difeso dal padre. Solo quando muoiono i suoi genitori può finalmente sfogare la sua vera passione e perdonare proprio loro che non lo hanno mai appoggiato.

È la storia di una società chiusa che difende i più forti e non accoglie le diverse inclinazioni. Quanto può essere difficile per un ragazzo arabo decidere di ballare? La risposta a questa domanda è proprio Boys don't cry - i ragazzi non piangono, accogliendo la gioia trascendente che proviene dalla musica. I sette ragazzi si staccano dalla chiusura della società, prendono coraggio e si evolvono lasciandosi indietro un destino già scritto per loro. E così le coreografie acrobatiche si alternano alle parole e capiamo quanto possa essere complicato decidere di danzare se si proviene da società che esaltano il genere maschile e non accettano (ancora) con facilità il cambiamento. In quanti modi si può diventare adulti? Anche rinunciando ad alcune comodità e decidendo di percorrere la strada più difficile. Loro lo fanno giocando con i corpi: danzano, saltano, si prendono in braccio, si incastrano in volo ma lo fanno per uscire dal foglio scritto per andare verso un altro destino. Il messaggio è chiaro: dobbiamo lottare per essere liberi, liberi da ogni condizionamento. Detesto il calcio| Mi piace la notte| La notte ha dei colori magnifici. Nella versione italiana il testo, che normalmente è recitato in francese, è stato tradotto e i ragazzi sono stati davvero bravi dando sfoggio di un'ottima pronuncia. Così per due sere il Teatro dei Rinnovati di Siena diventa protagonista del cambiamento, del superamento dei clichés e dell'allontanamento da una società chiusa grazie a questi sette ballerini e al coraggio del coreografo francese Hervé Koubi che porta da anni in Francia e all'estero questo messaggio per il quale è stato anche insignito del titolo di Chevaliers des Arts et des Lettres.  I corpi sudati dei ballerini e i loro respiri affannati ci fanno capire che le acrobazie sono sicuramente faticose ma c'è anche qualcos'altro. C'è il cambiamento e la difficoltà di metterlo in pratica. 

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