PISTOIA. Come si fa a dire di no ad Andrée Ruth Shammah che ti nomina erede, unica e universale, di Adriana Asti, affidandoti lo scettro di Maria Brasca nell’anno del centenario di Giovanni Testori che coincide, a sua volta, con i cinquant’anni del Teatro Franco Parenti di Milano? Non scherziamo, via, impossibile. Marina Rocco, milanese doc, tra l’altro (nonostante parli in romanesco perfettamente), una delle anime più malleabili del teatro italiano, non si poteva certo sottrarre da questo onorevolissimo onere professionale e decidere di non incarnare il ruolo, passionario, fisico, rivoluzionario, di una donna simbolo destrutturante degli anni ’60 ma di cui oggi, la società tutta, e soprattutto le donne, oltre che non esserne fiere, guardano con un certo imbarazzo. Ed è per questo che siamo convinti che in cuor suo, la poliedrica, sensuale, poliglotta e inimitabilmente ironica Marina Rocco, seria e impeccabile come Teatro comanda, avrà avuto eccome voglia di dire alla regista ma rimettiamoci le mani, che diamine, su questo magnifico testo, ormai scaduto e rinnegato e facciamogli vivere, in questa resurrezione, una nuova giovinezza! L’esame attoriale (soprattutto quello femminile), scenografico e di garbo storiografico è superato a pieni voti; ieri sera, al Manzoni di Pistoia (si replica oggi, domenica 26 marzo, alle 16), il pubblico, che si rinnova con sconcertante lentezza e nella quasi totale assenza di interscambiabilità generazionale, ha applaudito, calorosamente e con convinzione,
la cocciuta ostinazione della Maria Brasca (operazione teatrale figlia della coproduzione tra Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana), che decide di combattere contro tutto e tutti e contro ogni pregiudizio per riuscire ad avere, solo per sé, nonostante non sia bella e giovane come la Renata Cornini che vive come lei a Quarto Oggiaro, il suo Romeo (Filippo Lai) di turno, un metropolitano bello e impossibile, scansafatiche e soprattutto donnaiolo recidivo che però, improvvisamente, abbassa le sue aspettative erotiche e finisce per convincersi che è la baguette e non la torta, il bene più prezioso. L’intero quartiere popolare che le sta intorno, rappresentato dalla povera, disillusa, sconfitta, vinta e rassegnata sorella (Mariella Valentini) e dal detestabile cognato (Luca Sandri) che non perde occasione, nonostante sia, a sua volta, un padre assente e un marito non certo inappuntabile (un uomo di merda, via) per denigrarla, infangarla e ridicolizzarla, completa il quadro epocale del testo di Testori che sembra, senza le dovute contestualizzazioni e opportune rivisitazioni, tra tutti quelli che lo hanno reso famoso nel secondo dopoguerra, forse il meno catapultabile. Maria Brasca, per inesorabile accadimento storico e sociale, non esiste più, per fortuna, così come il suo Romeo, ancora facilmente rintracciabile tra le pieghe della società, ha purtroppo assunto nuove e più violente caratteristiche, che lo hanno trasformato da bello del quartiere a violento e poco raccomandabile soggetto. Della sorella e del cognato, invece, il mondo abbonda e lo farà ancora per lungo tempo, anche senza una Maria Brasca di turno alla quale addossare le nostre frustrazioni e scaricare le nostre distrazioni. Non avendo saputo, in alcun modo, dare un senso e una logica alla figura dello spazzino (è un timido corteggiatore di Maria Brasca che si augura di incrociare durante le ore del suo lavoro? È Maria Brasca che desidera che si faccia avanti, cospargendo, volontariamente, il piccolo piazzale di fogliame secco per obbligarlo a stazionare nei paraggi?), ci permettiamo di sbilanciarci fino a sostenere che Marina Rocco incarni già, con possente naturalezza, tanto la devota sensualità di Adriana Asti, quanto il sarcastico umorismo di Franca Valeri, la prima Maria Brasca, anche se questa proposta indecente avrebbe forse preferito poterla declinare.