BUGGIANO (PT). Alcuni mestieri (e l’arte, in ogni sua espressione, lo è per antonomasia) non hanno orari. Occorre stare sempre sul pezzo, perché spesso, al di là dei massimi sistemi, è proprio la semplice e routinaria quotidianità ad offrire spunti vitali. Di questo ne è profondamente convinta Arianna Gaudio, attrice indipendente, scrittrice, famelica osservatrice di luoghi comuni che, in quanto tali, lo sono veramente, comuni. Tanto che, a forza di oltrepassare spazi e spazi senza fermar in alcun d’essi il piede (Gradini, Hermann Hesse), ha collezionato una serie di visioni, quasi tutte metropolitane, e ne ha fatto un libro, La scoria infinita, che per necessità di successo è diventato un podcast e, ciliegina sulla torta, anche uno spettacolo teatrale. Per andare in scena, a leggere alcune delle sue involontarie ficcanasate, ha bisogno delle sovrapposizioni ritmiche alla consolle di Pietro Sermonti, dell’interpretazione attoriale di Federico Vigorito e delle voci di Caterina Guzzanti, ultimo diaframma di una sadica, cinica e meravigliosa trilogia (Corrado e Sabina i primi due). Perché on the road succede praticamente quasi tutto popoli e intasi il nostro immaginario personale e collettivo: servitevi, senza meta, di una linea della metropolitana; fingete di dover salire su un treno (in ritardo) alla stazione; aspettate, con febbrile e costruttiva pazienza, il vostro turno a una cassa di un qualsiasi supermercato; popolate, in una giornata particolarmente torrida, una sala d’attesa di un pubblico ufficio; gustatevi un gelato seduti a un tavolino di un bar, ma assaporate i suoni e i rumori che fibrillano intorno, non le delizie commestibili. Fate tutto questo a Roma, però, casomai affidando a un google map civico (tra la Cassia e Lamaro non ci sono solo quaranta chilometri di distanza, ma una totale diversa concezione esistenziale e fonetica) perché altrove, a nord e a sud, indifferentemente, l’effetto non sarà mai lo stesso e vi accorgerete che Arianna Gaudio, i suoi meritati proventi, dovrebbe equamente distribuirli tra tutti quelli che, senza aver mire recitative, le hanno offerto, sul suo scaltro piatto d’argento, la narrazione. Ne parliamo solo ora de La scoria infinita perché ieri sera, i quattro dell’Ave Maria (fotografati da Gabriele Conti), sono passati da Borgo a Buggiano, dal Centro Sperimentale OX, per la precisione, un giardino ristrutturato con cassette della verdura adibite a panche e affidato alla cura di uno stuolo di giovanissimi che ha tutta l’aria di poter diventare (ma non succederà, purtroppo) una piccolissima Comune alternativa ai grandi circuiti. Lo spettacolo, iniziato con un’abbondante mezz’ora di ritardo (ma dovevano calare le luci della sera perché quelle sul palco sortissero effetto) gode e subisce la leggenda cinematografica, visto che a piè di pagina, ogni aneddoto (telefonate in stereofonia, conversazioni surreali, improbabili colloqui) sono riassunti e titolati da esilaranti storture delle grandi pellicole hollywoodiane, dimostrando così che anche i grandi registi, prima di dar vita ai loro kolossal, sono probabilmente passati da Tor Bella Monaca.