di Mattia Vanni
PISTOIA. Inizialmente non eravamo così entusiasti, quasi scettici, forse, nei riguardi di una rivisitazione che toccava uno dei mostri sacri della drammaturgia francese, il testo di Edmond Rostand, e sicuramente i primi minuti dello spettacolo hanno rafforzato questa nostra tesi. Dettaglio voluto, il quale fa da netto contrasto con un cambio repentino di scena e di atmosfera, che introduce l'argomento principe di Cirano deve morire, in scena al Teatro Manzoni di Pistoia, prodotto da La Biennale di Venezia, da La Fabbrica dell’Attore, Teatro Vascello, Elledieffe e Fondazione Teatro della Toscana, con la direzione artistica di Antonio Latella: Rossana e il suo rancore, trasformato a piccoli passi nella voglia di andare avanti, come per dire che, alla fine dei giochi, era rimasta l'unica ancora in piedi. Questo elemento porta a un totale rimaneggiamento del copione, che diventa uno spettacolo a sé stante, solamente ispirato al precedente e in grado di raccontare una storia cruda, che arriva impetuosa e coinvolge lo spettatore, anche grazie all'ausilio del genere di denuncia e provocazione per eccellenza: il Rap. L'impronta teatrale degli attori (abbastanza evidente) arricchisce però i brani, che risultano una fusione tra il genere e la recitazione, creando quasi una parodia di quest'ultima atta a valorizzare il tema principale. Il pubblico è coinvolto, catapultato in un vortice di emozioni (letteralmente, grazie anche a un uso magistrale delle luci, di Simone De Angelis e Giuseppe Incurvati che sfondano il limite del palco e si riversano sulla platea) che non possono lasciarlo indifferente; la caratterizzazione psicologica dei personaggi -il bello e maledetto, il bamboccio da spiaggia, la donna indipendente - è marcata e indagata approfonditamente dalla bravura degli attori. Le scene (di Giuseppe Stellato) struggenti sono intervallate da un vero e proprio coinvolgimento degli spettatori, chiamati a mettersi in gioco on the track, diventando, momentaneamente, coprotagonisti. Il linguaggio utilizzato, crudo e senza veli, ha lati negativi e positivi. Degna di nota è sicuramente la bravura del Dj, figura nuova in un teatro, ma che in questa situazione si amalgama con l'atmosfera del palco e ne diventa parte integrante. Il confronto finale (un faccia a faccia tra l'autore Leonardo Manzan, gli attori Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi, Giusto Cucchiarini e il pubblico) è stato molto utile a comprendere il lavoro che sta dietro allo spettacolo, e l'idea chiave che ne è fondamento: questo non è un sequel della storia, ma qualcosa di totalmente diverso. Scordatevi il Cyrano de Bergerac; Cirano deve morire.