FIRENZE. La danza può relazionarsi con tutti gli accadimenti terracquei, compreso il sacrificio di Isacco; non è detto, però, che il risultato, al termine della rappresentazione, esaudisca gli interrogativi che il pubblico inizia a porsi immediatamente, dal sensuale parto di Sara, una decrepita novantenne che sfornerà tanti figli quante le stelle del cielo (Genesi: 22, 1-18), su quell’altalena sospesa tra la terra e l’infinito. Il marito, Abramo, di anni ne ha addirittura cento, ma la sua cieca obbedienza divina gli ha consentito questo e tanti molti altri scempi consumati da quelle Scritture che in nome di dogmi studiati ai tavolini dell’Umanità hanno condizionato il Mondo, almeno quello Occidentale. Non è nelle nostre intenzioni aprire un dibattito apocrifo sui personaggi biblici, ma non possiamo esimerci completamente dal relazionarlo al Processo ad Abramo, il nuovo lavoro di Versiliadanza, Archètipo e Diesis Teatrango, in prima nazionale, ieri sera, sabato 16 novembre, al Cantiere Florida di Firenze. Riccardo Massai, Angela Torriani Evangelisti, Piero Cherici e Andrea Dionisi, ideatori e interpreti dello spettacolo - tre monumenti della danza e uno che lo diventerà presto -. hanno (ri)proposto il leggendario sacrificio che il vecchissimo padre è disposto a portare a termine nonostante la richiesta appaia – e apparirà sempre – inumana. Senza però riuscire, almeno dalla nostra postazione, a catapultare nel contemporaneo per provare a radiografare che siano diventati, oggi, a distanza di millenni e una serie infinita di rivoluzioni sociali, Abramo, Sara e Isacco. Quei sacrifici non sono certo e purtroppo finiti, del resto; sono proseguiti nel tempo, in un’escalation di crudeltà, efferatezza e disumanità che fanno rabbrividire lo stesso Abramo. Ma - sempre dalla nostra postazione, eh, beninteso -, la potenza metaforica non è arrivata al cuore e l’armonia del corpo di Angela Torriani Evangelisti e Andrea Dionisi, contrapposte al lento e faticante incedere di Riccardo Massai e Piero Cherici, hanno (ri)fotografato quel passo dell’Antico Testamento sul quale, da sempre, ogni arteria artistica, danza compresa, naturalmente, alla stregua del teatro, della letteratura e della filosofia, si sforza di fare i conti. Ma l’onnipotente, un attimo prima che l’inaudito si compia, provvede alla provvida deviazione, offrendo, sull’altare della devozione, un’appetitosa alternativa. Cosa, invece, che la storia dei secoli non è riuscita a incarnare, alimentando e aggiungendo, al gesto apocalittico, ulteriori e sempre più aberranti dettagli. Il risparmio di Isacco, oggi, cosa è diventato e dove si manifesta? Cosa potrebbe riuscire a fermare la mano di un vecchio padre prima che questa infierisca sul figlio? E se il padre non è quel matusalemme unto dalla cieca fede e fedeltà, ma un giovane a cui è stato concesso, inopportunamente, di dare alla luce un figlio di cui non sa che farsene e, inevitabilmente, voglia sbarazzarsene, da chi verrà fermato? Sono le domande che ci siamo posti subito dopo esserci accomodati in platea e alle quali, purtroppo, non abbiamo avuto risposte.