di Luigi Scardigli
Spiegarla, la danza, soprattutto quella vaccinata dalla televisione, è decisamente arduo e parecchio controproducente.
Virgilio Sieni, ieri sera, tra i primi posti della platea, al Teatro Manzoni, al termine della Dolce Vita - Archeologia della passione, secondo spettacolo in scaletta della stagione dell'Atp Altri linguaggi ha anche provato ad invitare il pubblico, almeno d'ora in avanti, a lasciarsi travolgere dalle sensazioni. Arriverà il momento per capire, se se ne avrà voglia. E tempo.
Intanto godiamocelo lo spettacolo della compagnia Sieni, che si avvale di un'ansiosa colonna sonora, che si trasforma in melodia, seppur funerea, eseguita da Daniele Roccato, con il suo contrabbasso e una consolle e di otto danzattori straordinari, che vale citare uno ad uno, in ordine alfabetico, naturalmente: Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Giulio Petrucci, Sara Sguotti e Marjolein Vogels.
E siccome ci teniamo alla nostra presuntuosa incolumità, vi raccontiamo quello che abbiamo visto noi e che abbiamo masticato, ingoiato, digerito, metabolizzato e di cui proveremo a fare un resoconto. I cinque atti, Annuncio, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura e Resurrezione sono il manifesto laico dei terribili risocntri d'inquinamento. L'angelo moribondo che annuncia la passione è un pellicano che non riesce più a spiccare il volo perché le sue ali sono ormai irreparabilmente immerse dal petrolio che ha letalmente sporcato il suo, il nostro mare. La pittura incalza violentemente, ma possiamo fare a meno di lasciarsi suggestionare da richiami di tele leggendarie e continuiamo a lasciarci contaminare dalle suggestioni, che non hanno alcun legame con la storia dell'arte che ha preceduto questo annuncio.
Muore Pinocchio con tutte le sue bugie e non c'è più tempo per la redenzione. IL gatto e la volpe si aggirano indisturbati tra la folla che cerca il colpevole, dimenticando che se si è consumato un oltraggio la colpa è doveroso dividerla in parti uguali tra tutti coloro che hanno visto e non hanno fatto nulla perché non succedesse. I movimenti sono psicotici, perché tutti i protagonisti, prima di andare in scena, si sono cibati di pasticche colorate i cui effetti visionari erano largamente previsti e tra l'altro scritti sul foglietto interno della confezione sotto la voce delle controindicazioni.
Si aiutano, gli otto naufraghi, in cerca di salvezza, ma il loro altruismo si trasformerà nelle loro tombe. Girano come pazzi nelle stanze senza maniglie, né porte, cercando una via d'uscita che non c'è perché non può esistere. La sepoltura, più che mesto epilogo esistenziale, rappresenterà, per ognuno di loro, l'unica via percorribile verso la riconsquista dell'armonia, evidente al momento delle resurrezione, quando prima di ricompattarsi verso il lato del palcoscenico per uscire di scena e prendersi cinque minuti di applausi, si divertiranno in gorgheggi liberatori, quelli che fanno i bambini, divertendosi mentre si accorgono di sporcarsi le guance con il sugo della pappa e la saliva.
