di Luigi Scardigli
PISTOIA. Francesca Sarteansesi, stavolta, se ne sta seduta in platea, sulle poltroncine del Funaro, a Pistoia, con gli altri spettatori, a gustarsi L’asta del santo, il Mercante in Fiera per tutti color che a natale, invece che all’eterno parto immacolato, pensano soltanto a farsi della risate grasse. Sì, perché questo spettacolo targato Gli Omini scocca nell’interregno tra la prima e la seconda edizione dell’associazione (2009), quando i tre moschettieri della poca lisse stanno ancora metabolizzando quello che faranno da grandi e per questa idea bastano i disegni e i tratti semiseri dei due maschietti.
Sul palco, infatti, ci sono soltanto Luca Zacchini e Francesco Rotelli; Giulia Zacchini è, come al solito, in tensione dietro le quinte, mentre la Sarteanesi, che libera da impegni ha mangiato e bevuto in abbondanza, resta a riposo, eccitatissima, comunque, all’idea dello spettacolo che tutti e quattro stanno già mettendo in piedi e che dovrebbe essere partorito in luglio.
Il pubblico è oltremodo predisposto al divertimento; si capisce dal fragore dell’ilarità con il quale saluta la prima delle tante battute apocrife della serata. Però, invece che divertirsi e basta al cospetto dell’humor inglese del duo santificato, si lascia andare a commenti, anche lontano dalle offerte per l’aggiudicazione del santino con considerazioni a voce alta lontano dalle battiture. I due attori – perché di attori si parla e non di animatori turistici -, approfittano, in più di una circostanza, di richiamare gli spettatori ad un atteggiamento che non sia quello da tombolata di un circolino Arci. E’ dura, meglio soprassedere e ingurgitare un altro calice di rosso: nessuno dovrebbe dar peso se qualche parola salta dai binari.
Il gioco, comunque, è carinissimo. A tutti gli spettatori, prima dell’inizio, viene data una bustina di carta contenete fiches, parecchio domestiche, con un valore monetario espresso in lire. Qualcuno potrò contare su un bel gruzzolo, altri, decisamente meno. Inizia l’estrazione dei santi, parecchio disattendibili, ironicamente blasfemi e con le figurine parte l’asta. Ogni spettatore, in virtù dei soldi che ha trovato nel sacchetto di carta, lancia un’offerta per accaparrarsi il santino che alla fine potrà coincidere con uno dei tre santi estratti per il primo, secondo e terzo premio.
In palio, alcune confezioni da sei di acqua imbottigliata in plastica, tutta benedetta, naturalmente, tutta ispirata a santi beatificati. Ogni estrazione è intelligentemente preceduta e susseguita, al momento di svelare le tre carte vincenti, da improbabili trascorsi dei martiri canonizzati. Tra le migliaia di santi, la compagnia teatrale ne ha scelti 52, l’equivalente di un normalissimo mazzo di carte e ad ogni carta equivale un santo, tutti ascrivibili al pesce che Francesco Rotelli ha disegnato sulla fruits che indossa. E che si toglierà, mostrando un fisico invidiabile e una predisposizione al canto affatto peregrina, senza dimenticare le facce da Omini di entrambi, la scelta opinabilissima di consegnare carte non sempre al miglior offerente e quella, sacrosanta, di vendere alcune carte eccedenti il mazzo non in cambio di fiches, ma di euro veri.
Il pubblico continua a non capire e sghignazza fuori luogo; ma va bene così, non è il caso di incazzarsi: è domenica 20 dicembre, il Natale, quello vero, è alle porte. Dopo le spettacolo ci sarà lo scambio dei regali usati che ogni spettatore si è portato da casa, confezionato come se fosse di prima mano. Il Funaro saluta e ringrazia. Gli Omini pure. Auguri.
