di Luigi Scardigli
PISTOIA. E poi belle, profonde, vere. Emozionate e emozionanti, riflessive, abilmente stimolate, nel pomeriggio, dal moderatore di turno, il testaccino Graziano Graziani (preparato e simpatico, un po’ troppo prolisso). Maria Paiato e Arianna Scommegna le abbiamo incontrate nuovamente oggi, nel saloncino del Manzoni, nel rituale incontro del sabato che il cast in scena al teatro pistoiese effettua, di rito consumato, con il pubblico. La tentazione, ora che le abbiamo viste da vicinissimo in borghese (e abbracciate, non abbiamo saputo resistere, per fortuna), è quella di tornare a vederle ancora, ma non in altre situazioni; stasera, sempre in Due donne che ballano, per rivederle all’opera e gustare con loro la potenza femminile della regista, Veronica Cruciani, femminista, certo, ma consapevolmente femminile, dunque civilmente disposta a mettere in gioco tutte le debolezze, naturali e storiche, del popolo delle donne.
Vederle in scena è un tripudio sensoriale: si resta folgorati per indiscussa sapienza teatrale; ci si inchina alla versatilità cronologica; si apprezza, scatenando applausi a scena aperta, il loro groove generazionale e ci si alza in piedi, al termine dello spettacolo, per urlare loro la gratitudine e il ringraziamento, quello di essere stati trasportati sulla giostra magica del teatro, dove non è possibile tornare indietro, né accelerare i tempi e dove può succedere di tutto, ma proprio di tutto e una sola volta per volta. Non aggiungiamo nulla di particolare al palmares delle due fuoriclasse: la più giovane, Arianna Scommegna, due anni fa, si è portata a casa il premio Ubu (l’anno scorso è toccato a Monica Piseddu, altra bestia di rara bellezza e ferocia), ad esempio, vincendo concorrenze spietate, tra l’altro, come quella di Maria Paiato, tanto per fare un nome e uno dei capolavori di Emma Dante, Le sorelle Macaluso (una delle cose più belle mai rappresentate al Manzoni). La più anziana, Maria Paiato, di Ubu, ne ha vinti due e consecutivi (2005 e 2006), senza citare gli altri riconoscimenti ricevuti nel corso di una carriera, teatrale e cinematografica (Ronconi, Bolognini, Scapparro, Archibugi), esemplare, che si è sorretta solo sul proprio talento e sulla propria abnegazione al sacrificio, senza mai ricorrere al doping scenico. Ma la cosa più emozionante è stata vederle all’opera naturale, quella di una chiacchierata in perfetto relax, con il volteggiare delle mani, le smorfie pseudo incomprensibili, il mangiarsi le unghie e poi cercare i piccoli detriti sulla gonna nera, seguendo con interesse e concentrazione straordinarie non solo le parole e le domande, ma ascoltando anche l’aria, i profumi, i rumori delle seggiole sul parquet, gli abbigòliamenti degli spettatori, la loro voglia di avvicnarsi. Nella città deputata alla guida della cultura nel 2017, ad applaudire Maria Paiato e Arianna Scommegna, almeno oggi, al Saloncino del Manzoni, avrebbe fatto bene ad esserci qualche rappresentante della città, per non parlare di quello stuolo informe di giovinastri e giovinastre che chissà per quale meccanismo perverso credono di recitare.
