di Luigi Scardigli
QUARRATA (PT). Dal 23 al 26 giugno, nella Sala AcomeA del teatro milanese Franco Parenti, si farà sul serio. Rosalina Neri, comunque, è già pronta. Lo si è capito ieri sera, al teatro Nazionale di Quarrata, quando l’ultra ottantenne sosia di Marylin Monroe è andata in scena per rappresentare, ultima prima della prima, Je me fut - memorie false di una vita vera - che Cristina Pezzoli, la regista, le ha letteralmente cucito addosso, sfruttando, oltre ogni ragionevole azzardo, tutte le doti della funambolica ex cantante, attrice, presentatrice, ma perché no, coniglietta di altri tempi, capace di (ri)leggere buona parte della propria esistenza tra ammiccamenti, gags, canzoni, deliri, ricordi, nostalgie, rimpianti, falsità galattiche di scomode e ingombranti verità e un paio di spritz, promessi senza essere mantenuti, men che mai consumati.
Ad accompagnare il suo percorso a ritroso, oltre ad un immaginario ragionier Dio-r, che siede al suo fianco su una panchina dove ad un'estremità è appeso un palloncino rosso di un parco qualsiasi e che le chiede di raccontarsi per consentirgli di prendere appunti per il suo archivio, anche e soprattutto Nicola Nastos, al piano, che asseconda un’ugola capace di districarsi e centellinarsi in una selva di trabocchetti. Nel mezzo, scorre il fiume della sua vita, epica, esagerata, vissuta in ogni angolo e pertugio e per questo affidata alla memoria di una ex prima donna finita pazza e barbona, che si è assicurata, al supermercato, i viveri per arrivare fino a sera e che mescola, nella babele dei propri trascorsi, una quantità di slang: dallo strettissimo milanese della propria infanzia, all’ottimo francese imparato a bordo dei treni per raggiungere Parigi e fino ad arrivare ad un accettabilissimo inglese assorbito durante i due anni di contratto sottoscritti con una famosa emittente televisiva in gioventù prima di darsi in sposa a Jack Hilton, il violento e lunatico magnate. Tra le scartoffie alimentari, anche un paio di libri, un notes di appunti e qualche appendice per i travestimenti: una parrucca biondo platino per diventare la Monroe e un improbabile copricapo per trasformarsi in un’avventurosa cartomante. Una confidenza che scivola, piacevolmente, per oltre un’ora, con nomi, date e personaggi che si stenta credere possano esserle appartenuti, ma che invece ne hanno realmente costellato il cammino, fino a questa curva, affrontata con la saggezza di chi sa di non poter fare affidamento su un sistema frenante esemplare e di chi sente la necessità di ricordare chi era, ripassando, tragicomicamente, tutte le lezioni del passato, senza nascondere pregi e difetti, vizi e virtù, grandi affollamenti e inesorabili solitudini. E chi ha voglia di rileggere pagine di teatro dimenticate, nascoste, fingendo di non ricordarle o asserendo di non averne mai viste, beh, l’occasione è quella buona, soprattutto per togliersi il cappello e inchinarsi alla longevità di questa attrice straordinaria, alla quale, quando batte forte il cuore, subentra l’ansia che possa trattarsi dell’ultimo avvertimento e non dell’ennesima violenta, passionale e indimenticabile infatuazione. Strano che a dirigerla sia Cristina Pezzoli, autrice che ha fatto dell’innovazione il suo inno teatrale. Ma anche nell’arte esistono le eccezioni: qualcuna, come in matematica, serve a confermar le regole!
