PISTOIA. Non occorreva certo la commemorazione dei 400 anni dalla sua morte perché il teatro si genuflettesse ancora una volta a William Shakespeare. Con Riccardo III poi, una delle tragedie più rappresentate al mondo, i richiami, più che illustri, tanto sul palcoscenico quanto al cinema, si sprecano veramente. L’Atp di Pistoia non poteva certo sottrarsi da questa piacevole e doverosa incombenza, ma ha provato, riuscendoci, a parer nostro, ad allinearsi senza voler appesantire ulteriormente la brama violenta del potere descritta dal drammaturgo nei secoli tutto sommato con un’angolazione accettabile, coinvolgendo, nell’operazione/rivisitazione scritta da Renata Palminiello, la disponibilità del teatro Manzoni, che per questa prima stagionale, replicata dal 20 settembre e fino a mercoledì prossimo, 13 ottobre, ha spogliato il salone e allertato la connivenza della scuola teatro della città, che ha fornito uno stuolo di giovani promesse.

E visto che di Shakespeare e del suo Riccardo III tutto quello che scriviamo oggi lo si può tranquillamente reperire altrove e ovunque, ci preme soffermarci sull’esibizione di una delle attrici: Sena Lippi. Che nella circostanza indossa i panni del figlio del di Enrico IV di Lancaster, il Principe Edoardo, ucciso, come suo padre, dal cannibalismo onnivoro di Riccardo III, assetato e accecato dalla brama della conquista del trono d’Inghilterra. Ci soffermiamo sulla sua interpretazione, senza nulla togliere – ma è superfluo che ci si giustifichi – alla bravura e al camaleontismo di tutti gli altri. Non è un debutto, per la giovanissima attrice pistoiese: il palco sembra essere la sua destinazione naturale e lo popola con estrema naturalezza. In Riccardo III, la regista le affida il compito della coscienza, devitalizzandone la carica femminile e esaltandone le doti ginniche, umorali, interpretative. Sena Lippi, che muore poco dopo l’inizio della rappresentazione, resterà sul palco per l’intera durata della tragedia: nulla e nessuno si accorgerà più della sua presenza, ma lei seguirà, passo passo, le vicende della trama, rappresentando spesso un’ombra ingombrante, un alter ego inesistente ma pesante, un leggiadro peso morto. Piccola, esile, minuta, sfoggia un’autorevolezza scenica e una grinta impressionante che la irrobustiscono fino a non farle bastare un palco così grande come lo è, per l’occasione shakespeariana, quello del teatro Manzoni, che si protrae fino all’ingresso in sala. Un virgulto teatrale nato a poche centinaia di metri dal Manzoni che ci auguriamo tutti possa trasformarsi in una patriottica profeta.
