di Luigi Scardigli

FIRENZE. Più che Luca, in Questi fantasmi!, il personaggio meno facilmente sostituibile è proprio l’autore, Eduardo. Con lui, la rappresentazione, in prima nazionale, ieri sera, al teatro La Pergola di Firenze (replicheranno fino a domenica 23 ottobre), sarebbe durata una buona mezz’ora in più, perché quelle conversazioni con il dirimpettaio immaginario, il professor Santanna, o quei monologhi surreali sulla provvida paura di presenze aliene nella casa presa gratuitamente in affitto, si sarebbero trascinati nel tempo senza tempo, ponendo un’interlinea tra ogni sillaba, un semplice respiro, anche un movimento, seppure impercettibile, delle sopracciglia.

 

Marco Tullio Giordana, al quale Carolina Rosi, vedova De Filippo, ha chiesto e affidato la regia - profondamente convinta che il seme artistico del marito non possa disperdersi, ma continuare a salire sui palcoscenici, proprio con l’omonima Compagnia di Teatro -, ha saputo comunque mantenere pressoché inalterati i tratti della scrittura originaria, senza comunque scadere in un’improponibile rivisitazione; del resto, solo Toni Servillo si prende la briga di azzardare rimodulazioni dei testi di Eduardo: chiunque altro, si genuflette. I panni stesi, accanto al soffitto, sono l’anello di congiunzione più caro e impalpabile dei primi settant’anni di vita della commedia. La storia è tristemente nota, anche se parecchio audace, rispetto agli anni della sua creazione: si intersecano, sul palco, una serie di eterogenee miserie, tutte a caccia di un riscatto e tutte tragicamente naufraghe. La fortuna non girerà mai dalla parte di nessuno dei protagonisti, che si alimentano, vicendevolmente e drammaticamente, l’uno dell’altro. Pasquale Lojacono (Gianfelice Imparato), pur di riuscire ad invertire la rotta della propria esistenza e quella di sua moglie (Carolina Rosi), che si lascia corteggiare dal temerario Alfredo (Massimo De Matteo), decide di provare a rendere nuovamente viva e abitabile, con il progetto di trasformarla addirittura in una pensione, la bellissima casa disabitata (ma piena di fantasmi), gli stessi che sembrano misteriosamente foraggiarlo. Un susseguirsi nevrotico, ma lentissimo, di accadimenti, controsensi, inconfondibili evidenze, rese misteriose solo dalla commovente cecità del protagonista, che non riesce a scorgere la tresca amorosa della moglie solo perché convinto che la fortuna, in un momento delicato della sua vita, abbia deciso di aiutarlo, dispensandogli quei denari, di indubbia provenienza, con i quali sembra poter dare vita al suo progetto. Una sovrapposizione di piani sentimentali e semantici che inabissano la rappresentazione nella più cupa e desolante povertà spirituale, dove tutti sono, contemporaneamente, carnefici e vittime, delle proprie esistenze. L’inizio polveroso e modesto delle luci sul palco, marchio di fabbrica del teatro eduardiano, illuminato dalla magia del portinaio (Andrea Cioffi) e da quella dei due facchini (Gianni Cannavacciuolo e Giovanni Alloca) si dirada lentamente: la scena e la casa prendono aria e luce, filtrano le altre costellazioni: Paola Fulciniti, Federica Altamura, Nicola Di Pinto, Viola Forestiero e Carmen Annibale, fino al loro inesorabile rincupirsi, che è scandagliato dalla preoccupazione di Pasquale Lojacono, terrorizzato dall’idea che il suo angelo demoniaco abbia deciso di abbandonarlo per sempre. La ruggine emotiva dell'esordio ha un po' imbalsamato le articolazioni di Gianfelice Imparato, al quale spetta l'onorevolissimo, ma arduo doppio compito, di ripassare la grafia di Eduardo e indossare i panni del figlio Luca. Da stasera a domenica e poi nella tournée che segue, quei fantasmi che lui conosce bene lo gratificheranno con la verve che gli è più cara.

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