
FIRENZE. Ecco perché costa così poco, quel bellissimo appartamento, di otto stanze, nel centro di Firenze! Prima che la Merlin e l’ipocrisia, tipicamente cattolica, chiudessero le case di tolleranza, in via dell’Amorino c’era una casa di appuntamento e ora, vallo a spiegare ai vicini di casa, agli amici al bar, ai colleghi, che dopo la morte della maitresse, sora Cesira, in quella casa non ci sono più le prostitute, ma la famiglia Ciuti, una famiglia di tutto rispetto, con padre, madre, due figli, nonno paterno e sposo promesso della ragazza. Casa nova vita nova, in scena ieri al teatro di Rifredi, a Firenze (si replica stasera e domani, 5 e 6 novembre, e poi ancora il prossimo fine settimana), scritto - proprio durante l’aberrante iter legislativo di quell’infausto provvedimento - da Vinicio Gioli e Mario De Mayo e adattato per questa rivisitazione da Angelo Savelli, racconta ancora una volta i giorni di quella legge, salutata con hurrà e brindisi il giorno e maledetta, puntualmente, la notte.
A tenerla in piedi, viva e vegeta, la Compagnia del Grillo, con un adorabile e frizzante Sergio Forconi nei panni, cuciti su misura, del nonno, quelli che indossò, nonostante avesse solo 35 anni, Giovanni Nannini nella prima edizione al Teatro dell’Amicizia. Due ore, scarse, di intrattenimento genuino, cucito con tutti gli ingredienti per una sana sgranata in trattoria, senza alcun assillo, senza retrospettive, né introspezioni, senza richiami ad altri teatri, né ad altro in assoluto. Due famiglie che convivono, con nevrotiche difficoltà, all’interno di uno stesso appartamento nel quale stazionano due mamme e le loro figlie, due mariti, due figli, di cui uno tangibilmente ma incruentemente ritardato, l’aspirante sposo di una delle due ragazze e il tenero nonnino, che ritrova spirito, energia e voglia di vivere proprio quando deve trasferirsi, con tutta la famiglia, in quell’appartamento di otto stanze che nonostante sia vuoto e da arredare, gli ricorda qualcosa. E’ la commedia all’italiana, raccontata in vernacolo, che trasuda doppi sensi, che si fonda sugli equivoci, ma che non disdegna di chiudersi all’insegna della ludica volontà di resistere ai luoghi comuni, alle maldicenze, alle ipocrisie e di poter ancora sognare una vita nova. A dare voce e corpo ai vari personaggi che intasano, senza mai trasgredire l’ordine delle precedenze, la scena, oltre al notissimo Sergio Forconi, nonnino sordo, ma arzillo, in tante altre commedie teatrali e cinematografiche, sempre in compagnia di toscanacci doc, Giovanna Brilli e Raul Bolgherini, nuora e figlio dell’adorabile vecchietto, oltre, in ordine alfabetico, ad Alesandro Beraldi, Eleonora Cappelletti, Filippo Filidei, Sergio Giani, Massimiliano Lari, Irene Cecchi, Beatrice Tonelli e Cristina Valentini. Non serve conoscere il teatro, per sorridere, con gusto e spensieratezza, alle gag della commedia; né occorre sfogliare le enciclopedie della tragedia per riassumerne la trama e presentarne la recensione. Che, ribadiamo, non è soltanto un affresco allegorico del tempo, ma anche, senza presunzione di proclami, una risposta, diretta e interdipendente, a quella sconsiderata legge, che non salvò certo le donne dall’eventualità della prostituzione, ma le consegnò alla più spietata e feroce malavita. Quando, a fine spettacolo, ci siamo complimentati con il regista, lui, Angelo Savelli, sorridendo, ha riassunto il nostro buonumore con un termine solo: amorevoli. Ce ne siamo impossessati, della felicissima e calzante definizione della sit, della compagnia e dell'umore della serata e così abbiamo deciso di titolare il pezzo, citando, correttamente, la fonte.
