di Luigi Scardigli

FIRENZE. Iniziamo a tessere la ragnatela delle lodi dell’ideatrice e mattatrice solitaria e indiscussa di Un sacchetto d’amore - che ha visto la luce anche grazie alla coproduzione del Centro Teatrale Pupi e Fresedde -, in scena, fino a stasera, al Teatro di Rifredi, a Firenze: Antonella Questa, torinese quasi cinquantenne che ha studiato, molto e con profitto, a Firenze, è una professionista impeccabile, preparatissima, versatile, duttile, con un’invidiabile predisposizione psicofisica alle camaleontiche necessità teatrali.
Il suo monologo, ultimo in ordine di tempo, è una carrellata di parecchi personaggi, un po’ troppo scontati, a dire il vero, che ruotano attorno a Cinzia, donna impegnata in una ditta pubblicitaria che soffre, esageratamente, di shopping compulsivo, alimentato anche dal fatto di essere la seconda moglie di un uomo con due figli incartapecorito sul lavoro, a sua volta figlio di una mamma apprensiva e ossessiva e fratello di una donna sulla via della più totale solitudine se non alleviata dalla presenza, anch’essa scomposta, di un cane da borsa. La rapidità dei movimenti, la sequenza fisica delle psicosi d’acquisto, il felice sdoppiamento dei personaggi utile a creare i dialoghi della narrazione sono, indiscutibilmente, esemplari, condotti a termine senza un battito di ciglia: Antonella Questa incarna una palestra intera di teatro dove si studia, indefessamente, la parola e il corpo, che devono viaggiare in simbiosi parallela e devono supportare, sistematicamente, il silenzio dell’una e la staticità dell’altro con estrema disinvoltura, in modo che la rappresentazione non scenda mai il gradino del gradimento e resti sistematicamente in quota. A questo però, il teatro di Antonella Questa dovrebbe aggiungere un anello scenografico che ha innalzato il palcoscenico ad un ruolo specifico, che è quello della denuncia, delle domande, se non delle risposte. E in questo impeccabile monologo, dove la casa, la ditta, il centro commerciale sono rappresentati da semplici cubi diversamente disposti, dove i personaggi che popolano questi contesti sono rappresentati da smorfie ripetute a oltranza e immediatamente e facilmente riconoscibili, manca, quasi del tutto, l'urlo, a meno che non si voglia dare per buono l’epilogo psicologico, politicamente corretto e scontato, offerto dalla rappresentazione, nella quale Cinzia, la protagonista, dopo aver superato, per essere stata in analisi, le sue manie d’acquisto, diventa a sua volta terapeuta per i suoi familiari, invitandoli a riflettere sulle loro psicosi. C’è insomma sorto il dubbio che Antonella Questa diffidi, con ragione, della fauna che accalca i palcoscenici, preferendo l’ascesa al successo lungo la parete più faticosa, buia e pericolosa. In giro, invece, ci sono molti cavalli di razza che non vedono l’ora di incontrarla, probabilmente.
