
MONSUMMANO (PT). Un quintetto così chimicamente assortito riscuoterebbe comunque successo, divertimento e applausi, anche se, salendo sul palco, decidesse di tacere. Sì, perché Giovanni Guerrieri, Giuliana Gallo, Gabriele Carli, Enzo Illiano e Giulia Solano, che ieri sera, al Teatro Yves Montand di Monsummano – Pistoia -, hanno dato vita a Piccoli suicidi in ottava rima, sono cinque soggetti straordinari, con la dote, rara, di non prendersi affatto sul serio, anche se la loro comicità non è affatto frutto di coincidenze adolescenziali, né il risultato, sorprendente, ma puramente fortunoso, di gratta e vinci. Giocano su una falsa improvvisazione, cara ai cantari trecenteschi - che abbondavano nella zona appenninica tosco-emiliana nel XIV secolo - che avvertirono la necessità di contrastare la sin troppo dotta terzina dantesca con la loro ottava rima.
Gli argomenti, che non possono essere definiti tali in alcun modo, sono delle follie lessicali, sintattiche, ideate e scritte da Giovanni Guerrieri e Giulia Gallo che si avvalgono dell’incerto equilibrio scenico e scenografico dell’amalgama di tutti e cinque, ognuno dei quali ha ruoli ben precisi. I clowns all’opera sono i tre uomini; le due donzelle hanno il compito specifico di essere, Giulia Solano, cantrice e Giulia Gallo, effetto scenico, doppiatrice, effetto speciale. Lei, resta seduta, a gambe accavallate, davanti al microfono; è la voce fuori campo, ma anche in campo, i nitriti e lo zoccolio dei cavalli, lo sgocciolare dell’acqua, le grida stridule; non partecipa alle tenzoni tra Pat Garret e Billy the Kid, né alle invasioni degli ultracorpi, con un marziano e un terrestre che conversano in napoletano, la gag - Cronosisma - con la quale hanno chiuso il breve, ma simpaticissimo spettacolo. Tra il prologo e l’epilogo, altre due scenette (esilarante quella degli spermatozoi in attesa di dare la carica alle cellule ovo con il sottofondo dei mugolii del desiderio dell’amplesso), puntualmente precedute da un semplice battito di bacchette di legno, un gong che induce i quattro moschettieri ad abbigliarsi come copione impone e immergersi nei rispettivi e demenziali ruoli. Una comicità surreale e arguta della quale ci saremmo saziati ancora per molto altro tempo, invece che degli avari quaranta minuti scarsi nei quali abbiamo avuto comunque il tempo di fissare e memorizzare i protagonisti, divertirci con loro e aspettarli a un altro qualsiasi varco teatrale.
