di Luigi Scardigli

PRATO. Una nuova famiglia, allargata, di diseredati, ognuno con il proprio nome, politicamente scorretto: un vecchio, un negro, una malata d’alzhaimer e una puttana, Vivono tutti lì, attorno a quell’appartamento di una qualsiasi anonima periferia di appena 35 metri quadrati, calpestabili, dove ci abita Gesù (Ascanio Celestini), alcolizzato, di sambuca e delle peggiori marche e il suo amico Pietro (Gianluca Casadei, che suona la fisarmonica e parla con la voce di Alba Rohrwacher). Sono i personaggi di Laika, lo spettacolo del rapper di Morena, che ignora la musica, ma che riesce comunque a suonare, in scena al Metastasio di Prato. È un giorno come gli altri, di quelli passati e di quelli che verranno. La fine è alle porte; come l’inizio, purtroppo. Non c’è più scampo. È il teatro della parola, alcune volte balbettata, per timore di dirle troppo grosse, perché per i miracoli ci vogliono i santi, che prima, però, devono morire.

Ma i santi ci muoiono sotto gli occhi tutti i giorni: basta andare in fondo al mare a recuperare scheletri e relitti di viaggi impossibili, o anche affacciarsi alla finestra, proprio da quell’appartamento di 35 metri quadrati, calpestabili e osservare i facchini dell’ipermercato, che hanno un contratto a tempo indeterminato di otto ore al giorno, anche se ne fanno sistematicamente dieci, senza che il loro capo (ma chi è il loro capo?) gli paghi gli straordinari, che lavorano come muli sempre, in attesa della domenica, giorno in cui si possono finalmente riposare, nel calore domestico delle proprie famiglie, che maledicono il giorno nel quale si sono imparentati con loro; dove vicino alla rimessa dei furgoni gialli vive un barbone, che non fa del bene a nessuno, ma neanche del male, che sopravvive di elemosina, che piscia e caca dietro un muretto, che si lava alla fontanella e che dorme riparato dai cartoni. Dove c’è anche la mignotta che dispensa servizi e che se si è fortunati e si capita nel giorno in cui decide di offrirsi senza compenso, si può anche scopare gratis, dove la vecchia con la testa un po’ impicciata non sempre ti riconosce, ma quando succede, è un piacere farle compagnia. È il giorno del giudizio universale? Forse, anche se a raccontarci l’evento, è semplicemente una cagna, Laika (ma anche Laica), un animale brutto, ma robusto, capace di sopravvivere alle intemperie, lanciata in orbita dai sovietici, l’essere più vicino a Dio, un drone dell’antichità e del futuro che osserva gli alveari nei quali sono stati intrappolati gli uomini, liberi di arrivare a malapena e soltanto fino al vicino centro commerciale, dove sono in vendita tutti i surrogati della felicità, acquistabili anche da pezzenti come loro. Durante il comizio, Gesù, che cammina sulle acque, ma su quelle di Ostia, dove inizia il mare, proclama la propria imperfezione e cita, a conforto della propria approssimazione, due laici miscredenti, Jobs e Hawking, il capitano suicida della Roma del primo scudetto (quello del Duce non conta, dai), Agostino Di Bartolomei, le truffe quotidiane, epocali, messe in atto dallo strapotere del capitalismo e i suoi infidi trucchetti, come quelli della felicità acquistabile anche sottocosto, o la certeza di una rendita sicura per la vecchiaia, alla quale non ci arriveremo o purtroppo succederà, salvaguardata da interessanti fondi di investimento, viaggia, bestemmiando e chiedendo subito dopo scusa, senza soluzione di continuità, zigzagando, come suo solito, non solo per il sistematico abuso di sambuca, di quella più scadente, per tutta la rappresentazione, costellata da appunti già presi durante questi venti anni e passa di proclami di teatro, frequentato di striscio, spesso abusivamente, deriso da chi ne ha fatto una professione, ma comunque consacrato dal pubblico, che lo ha da tempo eletto portavoce, e soprattutto riconosciuto dagli Enti, dove si è comunque ritagliato un angolo, seppur modesto e poco eclatante, tutto suo, dove ci vive lui, Ascanio Celestini, la sua famiglia e pochissimi altri, quasi tutti di Morena o comunque dei dintorni, ospiti, graditi, di quell’appartamento di appena 35 metri quadrati, calpestabili, ma bianco, con il giardino e lontano dai centri commerciali.

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