di Luigi Scardigli
PISTOIA. Enigmistico e profetico, caustico e delirante, geniale nel senso aladinico del termine, sobillante, istigatore, rivoluzionario, preveggente, ma antico, cultore sofista della parola, della sua forza e delle sue molteplici sfaccettature, non solo toniche e grammaticali, ma significanti. Alessandro Bergonzoni è ancora così, per fortuna, come lo è sempre stato, anche se con qualche chilo in meno, a onor del vero; così lo abbiamo conosciuto e così sarà consegnato ai posteri. E già questo, la sadica necessità dell'informazione patinata di creare un collegamento tra la vita e la morte, è un argomento particolarmente delicato, uno dei tanti che ieri sera, dopo la proiezione di Urge, il suo spettacolo/film, ha affrontato nell’incontro con il pubblico del Funaro, che lo ha invitato in questo onorevolissimo, ma non meno oneroso, anno epocale di Pistoia capitale della cultura.
“Occorre non tornare a casa, dopo – ha detto l’avvocato saltimbanco bolognese, nell’interregno magico che sta tra lo schermo dove un attimo prima è stato proiettato il suo film e il pubblico, accanto all’amico fraterno, regista, Riccardo Rodolfi e il moderatore di casa della serata, Massimiliano Barbini -. Dopo, tutto, dopo uno spettacolo, un concerto, una mostra, un dibattito, una rappresentazione, dopo, bisogna restare fuori, a parlarne, a parlarne ancora e non tornare a casa, nella casa di ognuno di noi, perché altrimenti il messaggio non arriva ed è solo intrattenimento, che non cambia nulla, se non il piacere, più o meno effimero, dell’istante”. Detto da lui, intrattenitore sottile, esilarante, capace di inanellare una sequenza incredibile di controsensi, nonsensi, sensi blasfemi a raffica, consigliando di divertirsi con aplomb, altrimenti, la battura successiva a quella appena sfornata è coperta dalle risate, grasse, che esplodono, spesso a scoppio ritardato. Assistere a uno spettacolo di Alessandro Bergonzoni equivale a sottoporsi a un test attitudinale: occorre seguire, religiosamente, le sequenze umoristiche e capire quando la frase è compiuta, subito dopo il pronunciamento del complemento oggetto, che diventa, automaticamente, il soggetto della perifrasi successiva e così via, percorrendo sentieri onirici, che spaziano dal sogno all’incubo, dalla realtà all’immaginazione, in una vastità da voto, che vale ora, come ieri e come sempre. “Urgono città e urge cultura – aggiunge Bergonzoni -, ma non urgono nomine, classifiche, conferimenti: sono necessarie le autodichiarazioni, singole, prima che collettive. Dobbiamo essere elettori e sindaci di ogni spazio vitale, abitanti totali, completi, intransigenti, attivi di appartamenti, quartieri, città, nazioni, cosmi; ce ne sono altri, di mondi, statene certi, ma altrove, l’aria è migliore e l’intelligenza decisamente superiore; è per questo che non ci invadono, gli extra terrestri; avrebbero troppo da fare per spiegarci come si fa, veramente”. Le barricate, Bergonzoni, non le fa con i mobili degli altri: in trincea ci va lui, davvero, evitando i magici, ma vuoti, contenitori connettivi, come la televisione, le piattaforme sociali: a Maurizio Costanzo e Maria De Filippi, come a Facebook e a Instagram, preferisce le piazze, le carceri, le scuole primarie dell’infanzia, (dalle elementari in su, è già tardi – n.d. B.); le parole sono seguite da contatti, ci si immerge, si diventa un’onda, ci si porta dietro quello che la forza elettrica ed elettromagnetica è capace di fare. Non esistono like, faccine, condivisioni asettiche, impersonali, senza volto, ma con mille profili; non si sta seduti in uno studio televisivo e si arriva dove oltre alla televisione non c’è praticamente altro. Informare e formare, discutere, scendere a valle, sporcarsi, risalire insieme la china del monte, arrivare in vetta, piantare una bandierina e scendere dall’altro versante, a cercare gente, situazioni, cose, che possono servire, che possono servirci, alle quali possiamo e dobbiamo regalare la nostra esperienza; piantare tende, creare agglomerati, che si allargano, diventano quartieri, dove ognuno è giudice e arbitro di se stesso, prima che degli altri, perché ognuno di noi ha ragion d’essere solo se messo in relazione con altre persone, che abitano altre zone del pianeta, ma solo per naturali e chimiche coincidenze. Alessandro Bergonzoni lo potete trovare in quei paraggi, a parlare di tenerezza e a chiedere a ognuno di interfacciarsi con l’inquilino della porta accanto, perché la cultura ha bisogno di giustizia e questa della sanità, che a sua volta necessità di servizi: non esistono i compartimenti stagni; si appartiene ad un mosaico superiore, fatto di interrelazioni umane, fisiche, chimiche, culturali dove l’uomo – e non ce ne voglia Hegel – è al centro dell’universo. Ricorda mostruosamente la comicità del collega genovese pentastellato, quella di Bergonzoni: Grillo lo sa bene, questo, la sua ironia e la sua comicità sono comizi, militanza, controinformazione e per questo, spesso, lo invita, anche se lui, l’avvocato bolognese, per ora preferisce rimanere lontano dal web e continuare a fare comizi nei sottoscala, nelle balere, nei circoli, nelle associazioni, dove ci sono un centinaio di persone ad ascoltarlo, per ridere e divertirsi. A pensare, torneranno nelle proprie abitazioni, dichiarando il fallimento della premessa: va bene così, il cammino è lungo, la strada faticosa e tortuosa. A mezzanotte, o giù di lì, ma anche sopra, se volete, Alessandro Bergonzoni chiede il time out: è l’ora di chiudere il sipario, per sentire come stia la compagna e cosa abbiano fatto i figli, ma non di tornare a casa, naturalmente.