FIRENZE. Vogliamo parlare dello strano caso cronachistico-giudiziario di Gloucester, piccola cittadina del sudest inglese con poco più di centomila abitanti, dove in un college diciotto minorenni rimasero contemporaneamente incinte con il consapevole desiderio di creare una comunità al femminile, strane gravidanze che suggerirono a cinquecento uomini di marciare contro il loro genere (maschile) di fronte al dilagare della violenza domestica perpetrata sulle donne, che pure merita attenzione, spazio giornalistico e indignazione o di Sorry, boys, lo spettacolo teatrale che alla vicenda si ispira, ideato e portato in scena dalla meravigliosa Marta Cuscunà e che ieri sera, a Rifredi, ha chiuso, tra gli applausi e lo stupore (come può, uno scricciolo, sprigionare tanta energia), la tre giorni di Firenze?

Saltiamo a piè pari l’impotenza maschile, che si materializza, quasi sempre, nella violenta e cieca colpevolizzazione di coloro che li fanno sentire piccoli, gli uomini, e cioè le donne, che continuano a servirsene, comunque, quasi unicamente perché sono loro i depositari del liquido spermatico, che risiede nei testicoli, utile ricordare, e ci concentriamo sulle dodici facce e altrettante voci che Marta Cuscunà, in punta dei piedi (è piccolina, e non arriverebbe a manovrare le teste, altrimenti) regala agli spettatori. Sorry, boys, tra l’altro, avevamo già avuto il piacere e l’onore di vederlo, due anni fa, a Pistoia, in una rassegna estiva dell’Atp organizzata al Villon Puccini, ma per riabbracciare la protagonista e riparlarne ancora, abbiamo deciso di andare a vederlo di nuovo, restando, proprio come la prima volta, piacevolmente stupefatti. Sul palco, due pannelli, disposti ai lati del display di un telefonino, dove scorrono le conversazioni delle ragazze-madri, sui quali trovano posto due gruppi di sagome facciali di sette e cinque teste (da una parte il preside, la dottoressa dell’istituto scolastico e cinque genitori del consiglio di classe e dall’altra cinque adolescenti, forse responsabili di altrettante o tutte le gravidanze). Dietro, a dare espressione a quei fantocci e a modularne i diaframma, Marta Cuscunà, una meravigliosa creatura fiabesca, un portento teatrale, che riesce a materializzare l’irrealtà dell’atmosfera con i reciproci scaricabarile da parte dei grandi, ognuno a difendere la propria colpevolezza e il giustificato ebetismo degli adolescenti, già in grado di eccitarsi e di raggiungere l’orgasmo, ma in modo del tutto irresponsabile. Un attacco letale alla società sessista, borghese, dove ognuno sfoggia orgogliosamente il dito puntato contro tutto e tutti senza avere il pudore di condannare anche le proprie nefandezze, confezionato con la grazia, la dolcezza, l’umorismo e la tenerezza di una piccola grande donna alla quale il teatro, e la società prima ancora, è bene che regalino spazio e udienza. Al quarto step di applausi, Marta Cuscunà, con le mani sudate dalla fatica e dall’emozione di essere arrivata diritta al cuore e al gradimento degli spettatori, ha voluto ricordare come il suo Sorry, boys abbia conosciuto la luce del palcoscenico due anni fa, il 3 febbraio, esattamente lo stesso giorno nel quale, Giulio Regeni, perdeva misteriosamente la vita. È una questione di diritti, è una questione di dignità.

Pin It