
MONSUMMANO (PT). Sono passati trentacinque anni dalla prima rappresentazione di Coppia aperta, quasi spalancata, ma le cose stanno quasi nello stesso identico modo. Gli uomini-mariti continuano a sentire la necessità di esplorare passioni, ardori, sperimentazioni e quando lo fanno (tutte le volte che vogliono, in pratica) hanno anche la presunzione che le loro compagne capiscano, chiedendo loro addirittura complicità; quando quelle donne-mogli, subdolamente incalzate dai mariti a prendersi i loro spazi (per giustificare quelli che loro si sono indebitamente aggiudicati) e spronate dai figli a riallacciare le fila dei loro sentimenti si azzardano soltanto a pensarlo di provare a vivere amore e passione con un altro uomo che non sia il marito, scatta, automaticamente, la tragedia.
È ancora tutto così, proprio come quando Dario Fo e Franca Rame, nel 1983, decisero di dare in pasto al palcoscenico e a un pubblico decisamente più sensibile la commedia dal sapore feydeauiano Coppia aperta, quasi spalancata, riproposta, ieri sera, al Teatro Yves Montand di Monsummano, grazie alle interpretazioni di un’altra coppia artistica coniugale, Francesca Bianco e Antonio Salines, diretti, nella circostanza, da Carlo Emilio Lerici, che veste anche i panni del professore di fisica alla Bocconi e amante, oltre che di Antonia, anche del ragamuffin. Le uniche cose che sono cambiate del tutto, da allora, purtroppo, sono le reazioni; le tragicomiche pantomime maschili del 1983 infatti, da un po’ di tempo a questa parte hanno corrispondenze epocali decisamente diverse, cruente, con epiloghi realmente drammatici. Nessun uomo minaccia più di gettarsi dalla finestra quando la propria moglie, stanca di essere tradita, vilipesa e derisa, decide di provare a ricambiare la cortesia subìta con le medesime attenzioni. La storia contemporanea, infatti, ci racconta altro e ce lo racconta nelle pagine di cronaca nera. Però, visto che di violenza (per fortuna spesso solo letta o raccontata) ne subiamo forse troppa da mattina a sera, valeva la pena disintossicarsi un po’ e rispolverare la commedia che una delle coppie più aperte d’Italia, Franca Rame e Dario Fo, decisero di scrivere e portare in scena con il gusto, sottile, di voler denunciare, denigrare e seppellire quel detestabile machismo coniugale che continua a glorificare i tombeurs de femme e a infamare le loro consorti che si azzardano a prendersi la rivincita. Rispetto al copione originario è cambiato poco o nulla, se si eccettua qualche frecciatina della Rame lanciata agli intellettuali dell’epoca e la grinta che animava la coppia sul palcoscenico. Il resto, è scivolato tutto come previsto e augurato dalla direzione del Teatro, un teatro pieno in ogni ordine di posti che ha riso, applaudito e condiviso la morale del testo, datato e non, visto che i matrimoni si continuano ad aprire, ma sempre dalle stessa parte, quella dei mariti.
