
PISTOIA. È più facile rileggere Pina Bausch sul suo territorio o provare a farlo altrove? Non ne abbiamo idea. Vero è che quello che hanno fatto al Funaro di Pistoia è semplicemente esemplare, corretto, utile, costruttivo. Palermo Palermo appartiene all’imponente repertorio danzattoriale e coreografico dell’artista tedesca, conservato, come altri imprescindibili attestati artistici e culturali degli ultimi quarant’anni, dall’archivio del produttore internazionale Andrés Neumann, a sua volta conservato proprio dall’associazione culturale pistoiese. Il materiale, insomma, c’era; occorreva dipanarlo, spianarlo, renderlo commestibile, senza poter contare su nemmeno uno dei vari e tanti agenti del corpo di danza. Massimiliano Barbini, uno degli insostituibili del Funaro, ha riassunto, in pochi momenti nevralgici della vita di questo spettacolo, andato in scena nel 1990 al Biondo di Palermo e instancamente riproposto ovunque si sia voluto glorificare Pina Bausch, affidandosi, per una completezza umorale e scenografica, all’estro del polistrumentista Gennaro Scarpato, che ha rappresentato l’arcobaleno del suono di un altro immonetizzabile archivio, quello della Fondazione Tronci.
Andrés Neumann e Luigi Tronci, infatti, erano seduti, in prima fila, a poche poltroncine l’un dall’altro e, entrambi, avranno sicuramente potuto apprezzare il materializzarsi delle proprie rispettive memorie. Il resto del pubblico, invece, mosso da una grande curiosità, non ha visto l’ora che questo incontro/spettacolo prendesse corpo. Una gradevolissima proposta, offerta con la leggerezza di un attento cesellatore di informazioni e di un inarginabile scultore del suono, che si sono interfacciati, senza mai scambiarsi uno sguardo, lungo il percorso di questa anomala, ma esemplare, rilettura. Un incontro imprevedibile per uno spettacolo piacevole, dove al rigore dei dati, degli atti, delle corrispondenze sciorinate senza clamori, né diaframmi distorti da un cantore preparato come Massimiliano Barbini, che hanno preceduto il rocambolesco antefatto dello spettacolo palermitano, si è aggiunta, consacrandolo, la creatività timbrica del percussionista napoletano, che ha dato vita, suono e storia, confidando in un repertorio vibrazionale semplicemente inimmaginabile, alle suggestioni dei ricordi estrapolati dai tomi, dai vhs e da tutto il materiale gelosamente conservato. Uno spettacolo imprevedibile per un incontro piacevole, dove Palermo, e non Palermo Palermo, viene consegnata alla storia come terra ricca sì, di contraddizioni, violenza, degrado, mafia, ma anche e soprattutto arte, energia, calore, frullati in una centrifuga di inconsapevolezza che Pina Bausch ha provato a riconsegnare, oltre che alla verità dipinta sotto le sue lenti di ingrandimento e deformazione, anche ai posteri.
