FIRENZE. Poesia alla stato minimale e puro, con un livello emotivo di coinvolgimento spaventoso, diretto, totale. Senza precauzioni, senza rete. Una tenerezza sconfinante, che abbraccia, indistintamente, le papille gustative dello sbalordimento, della felicità e della tristezza. Succede continuamente, senza sosta, a Pss Pss, spettacolo di e con Camilla Pessi e Simone Fassari, della Compagnia Baccalà, che dopo aver fatto incette di premi in tutti e cinque i Continenti, sono passati dal Teatro Puccini, a Firenze, per l’ennesima (più di seicento) replica del loro capolavoro. Una summa clownesca di rara bellezza e precisione, dove i due monelli chapliniani esibiscono alcune navigatissime gemme circensi: prima e dopo ogni esibizione, Camilla e Simone si incoraggiano e si abbracciano; farà anche parte del copione, ma siamo convinti che questi due bambi spaventati dal mondo abbiano sistematicamente e fisicamente bisogno di sapere di non correre il rischio di essere abbandonati.

Con un comprensibilissimo linguaggio del corpo tanto sintatticamente quanto emotivamente e a qualsiasi latitudine, senza la necessità di dover adoperare alcun filtro simultaneo, Camilla Pessi (ticinese) e Simone Fassari (siciliano) sciorinano buona parte del repertorio del cinema muto e dei circhi, con quella reale, disarmante naturalezza/timidezza che irrompe nell’animo dello spettatore obbligandolo platealmente ad applaudire e sghignazzare. E piangere, ma senza essere visto, però. La mimica insensibile keatoniana di Simone Fassari e quella da cerbiatto ormai spacciato di Camilla Pessi uniscono i due mattatori in un unisono stordente più di quanto non lo facciano i loro corpi eternamente avvinghiati sul palco rettangolare (una volta circolare) delle loro esibizioni. È il minimalismo di Jacques Tati che si fionda nell’iperspazio con le acrobazie del Cirque du soleil, con un sottofondo musicale felliniano saltuariamente interrotto dai loro strumentismi: la fisarmonica e la tromba, ma anche il song scandinavo o peruviano, se preferite, emesso dalle intercapedini metalliche della scala che servirà loro, dopo essere stata utilizzata, rovesciata, come nave in tempesta, per arrivare al trapezio sul quale chiuderanno, senza protezione, come tutto il resto, d’altronde, lo spettacolo. Alcune ore dopo l’esibizione, li abbiamo incontrati, Camilla e Simone, sul piazzale delle Cascine. Si erano intrattenuti con alcuni loro amici e stavano prendendo la via del ritorno. Con loro, un cane, bellissimo, ma senza collare, senza guinzaglio. Li abbiamo abbracciati, forte, ma forte, eh, prima di riappropriarci delle nostre presuntuose miserie e li abbiamo seguiti per un po’, spiandoli dallo specchietto retrovisore dell’automobile. Ci hanno ricordato Anna e Marco, quelli che qualcuno li ha visti tornare, tenendosi per mano.

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