PONTEDERA (PI). Il cerchio si chiuderà domenica, 10 giugno (alle 21,30), quando Marco D’Amore (Un amore), Anna Foglietta (Una guerra) e Claudio Santamaria (Il potere), i tre protagonisti delle altrettante premesse andate in scena all’Anfiteatro dell’Era di Pontedera, si ritroveranno all’Anfiteatro del Triangolo Verde di Peccioli per chiudere – e aprire verso l’ignoto – Il caso e l’invenzione, la rilettura effettuata dal regista Michele Santeramo sulle tragiche e attuali Storie del Decamerone. Ieri sera, è stata la volta del limite e del paradosso dell’onnipotenza, che si ravvede, fino a pentirsi e a rinnegare il proprio trascorso proprio di fronte a quell’anonimato di cui ha gestito morte e miracoli, affidata al reading di Claudio Santamaria. Apparso leggermente ingessato, con un diaframma poco propenso alle modulazioni di frequenza e uno sguardo anonimamente ancorato all leggio, anche se animato e accompagnato dal violoncello di Francesco Mariozzi, una colonna sonora indispensabile a scandire tempi e pause di queste riflessioni ad alta voce.

La trasposizione e la contestualizzazione operate da Michele Santeramo, particolarmente attento alle operazioni di salvataggio/denuncia, dei dieci giorni di Boccaccio, sono, insindacabilmente, un’azione altamente provocatoria e meritoria, senza ombra di dubbio, di un’attenta riflessione sugli immotivati eccessi dell’epoca contemporanea, che paiono, tra l’altro, allontanarsi con eccessiva parsimonia da quanto annotato e denunciato sette secoli prima. Le novelle che si raccontano le sette damigelle e i tre giovanotti per sfuggire al tempo della tragica attesa che a Firenze, la peste, falcidi la popolazione, altro non possono che diventare l’opportunità, per i tre protagonisti, di riflettere, pietosamente, sulle proprie aridità sacrificandole sull’altare della conversione. L’occasione, a ognuno, la offre la piazza, la comunità degli Elfi, la valle dei contadini e dei braccianti, il centro di recupero per tossicodipendenti, la società sottostante, gli ultimi, vittime sacrificali e sacrificate dei disegni capitalistici ai quali basta cancellare, con un frego, dalla lista delle priorità, l’acqua o il pane, per vedere, sadicamente, come reagiranno. Basta scendere al piano di sotto, liberarsi di taluni orpelli, rinunciare, per qualche giorno, all’alcool e alla nicotina, dimenticare il ruolo assegnatoci per censo e vedere, senza gli optional fornitici dalla conservazione dei comandanti e dei comandati, cosa riusciremo a fare. Al Potere, è bastato uno sguardo genuino, timido, ossequioso, rivoltogli, per coincidenze, da una farmacista a tempo determinato, che non riesce a conservare il proprio posto di lavoro in seguito al suicidio del marito. La scossa della consapevolezza, la personificazione marxista della coscienza potrebbero non bastare; occorre abbassarsi ulteriormente, scendere ancora più a valle e augurarsi che il padrone, ormai orfano dei giocattoli con i quali esercita e eccita il dominio, decida di trasformarsi, da carnefice, in vittima. È quello che si augura il regista, è quello che chiede la storia del mondo e le sue dinamiche, è quello che non è da escludere possa presto accadere. Ma anche quel giorno, potremmo non essere preparati. E non capire.

Pin It