PISTOIA. Chi meglio di Alessandro Haber può incarnare la figura di un anziano ex ingegnere che nel bel mezzo della sua tenera e meritata pensione inizi a dare insoliti e preoccupanti cenni del morbo di Alzheimer? Per Piero Maccarinelli, traduttore, adattatore e regista de Il padre, testo di Florian Zeller, nessun altro e così, da tre stagioni, il toccante tragicomico racconto dell’incedere di questa malattia tentacolare lo ha eletto testimone, con una rappresentazione degna di un Teatro di tutto rispetto, dell’Associazione italiana malattia di Alzheimer (Aima) che a fine spettacolo, nel foyer dei vari teatri nei quali va in scena (oggi, 2 dicembre, è al Manzoni di Pistoia per la terza e ultima replica), raccoglie fondi e distribuisce depliant informativi. Ma siamo e stiamo qui per raccontarvi teatro e allora, al di là della silenziosa insidia che si insinua in tutte le sue designate vittime, scelte per altro a caso, senza alcun criterio, ci facciamo a nostra volta megafono di questo spettacolo e ve ne consigliamo la visione, perché l’anziano Alessandro Haber (71 anni) si sublima veramente in questo tenero, fastidioso, commovente e irritante ruolo,

alternando momenti di profonda commozione, amplificati da una comica, incerta e grottesca deambulazione, resa ancor più goffa e triste dagli improvvisi vuoti di memoria, ad altri nei quali, il burbero pensionato, ricorda perfettamente tutto ed esige che la famiglia e chi gli sta intorno si adeguino militarmente ai suoi ritmi; così come l’affascinante Lucrezia Lante Della Rovere (52 anni) in quello della figlia, una bella divorziata ancora nel pieno della propria sensualità e del diritto di innamorarsi, spiazzata e confusa da un padre che improvvisamente cessa di essere quello che era sempre stato per lei: un solido, intransigente, efficace e rigido punto di riferimento e per il quale, ora che ha smarrito la bussola, cercherà ogni rimedio possibile per continuare a stargli vicino. Il resto del cast (Paolo Giovannucci, Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo e Riccardo Floris), utile a completare il quadro di familiari, badanti, infermiere e medici, impreziosisce la scena (di Gianluca Amodio) che imboccherà la strada dell’inevitabile ricovero, suggerito da quelle tensioni che spesso e volentieri si insinuano nelle famiglie nelle quali, improvvisamente, arriva, per cause di forza maggiore, un adorabile, ma sgradito inquilino. Il dramma nel dramma, che meriterebbe forse un’altra e ancor più cruda rappresentazione teatrale, ma soprattutto e certamente un altro Paese capace di assorbire socialmente queste deformazioni genetiche senza dover confidare nella forza meravigliosa dell’Aina e del volontariato tutto (non c'è solo l'Alzheimer, purroppo, a infelicitare vittime e chi sta loro intorno), è quando il morbo si accanisce sui meno abbienti: al dolore (in)naturale di un mostruoso spaesamento personale e collettivo, si aggiunge, caricando vittime e familiari di un macigno insopportabile, quello dell’impossibilità economica di far fronte a badanti, cure e ricoveri in strutture che non somiglino a garage stile lager. E come se non fosse bastata la commozione suscitata dall’anima del testo della rappresentazione, l’inevitabile cinismo del caso ha anche voluto che proprio ieri, la morte, si sia portata con sé Ennio Fantastichini, 63 anni, famoso attore cinematografico e televisivo, stroncato a Napoli da una forma acuta di leucemia, grande amico, a valutare il pianto dirotto e il dolore evidente, di Alessandro Haber, che ha voluto dare la tragica e luttuosa notizia al pubblico interrompendo il meritato e caloroso scroscio di applausi.

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