FIRENZE. È Maria Amelia Monti nei panni di Miss Marple, o il contrario? Quando siamo usciti dalla Pergola di Firenze al termine dello spettacolo, a questa domanda, che ci siamo posti appena la regina delle trasformazioni minori è apparsa sul palcoscenico, non abbiamo saputo rispondere. E nemmeno ora, che ve ne raccomandiamo la visione (si replica stasera e domani alle 20,45 e domenica 20 gennaio, alle 15,45), il dubbio, si è svelato. E non sono i costumi di Alessandro Lai, che la trasformano in un’allegra zitella inglese che si preoccupa di sferruzzare a maglia per il nipote che la mantiene, curare il giardino e combattere, strategicamente, le talpe, a confonderci le idee. Perché così ce la ricordiamo, dai tempi televisivi di Drive In e della Tivvù delle ragazze e così è rimasta, nonostante un’interminabile partecipazione a fiction televisive, un matrimonio che non offre il fianco al pettegolezzo e tre figli, di cui uno adottivo, nato in Africa. Miss Marple, giochi di prestigio, beninteso, non è soltanto Maria Amelia Monti; il resto della compagnia teatrale di questo testo di Agata Christie, riadattato da Edoardo Erba, per la regia di Pierpaolo Sepe e ingiallito da Roberto Citran, Sabrina Scuccimarra, Sebastiano Bottari, Marco Celli, Giulia De Luca, Stefano Guerrieri e Laura Serena, potrebbe giustamente indispettirsi, ma sono tutti consapevoli che questo divertente noir, sprovvisto dell’allegro cinismo di Maria Amelia Monti, pardon, Miss Marple, renderebbe diversamente.

Non ci permettiamo di dire e scrivere meno, perché qualcun’altra al suo posto scritturata potrebbe addirittura avere un impatto con il pubblico ancor più dissacratorio e felice della protagonista, ma ogni volta che il copione la interroga in prima persona, arriva con puntuale e flemmatico cinismo, sentenziando presagi disastrosi e cruenti con l’allegra e spensierata inconsistenza di una narratrice di favole per bambini. Il dato incontrovertibile della indispensabile presenza della protagonista lo ha testimoniato, l’altra sera, il nutrito gruppo di studenti delle scuole d’obbligo che ha parzialmente occupato la platea. Prima del buio in sala infatti, nonostante le professoresse (di lettere, osiamo ipotizzare), che si sono sobbarcate l’onere e l’onore di portare a teatro uno stuolo di mocciosi più disposti alla caciara che all’attenzione, il resto del pubblico ha temuto il peggio. E invece. Una volta aperto il sipario e oscurate le fasce luminose dei telefonini (quasi sempre tra le mani di massaie recentemente emancipate) che resistono a qualsiasi forma di attrazione, prima di spegnersi, la magia del teatro ha sortito i suoi mirabolanti effetti e quell’ammasso indiscriminato di aspiranti teppisti ha saputo tenere a freno tutte le proprie esuberanze e seguire, con interesse e coinvolgimento, la rappresentazione. Il merito, di questo giallo ben architettato, veloce ma non supersonico, ironico perché maledettamente inglese, garbato pur senza autofustigarsi, è quasi tutto suo, di Miss Marple, alias Maria Amelia Monti, attrice alla soglia dei sessant’anni, carina, per ogni stagione, proprio come trent’anni fa, quando avrebbe potuto tentare l’impossibile e invece ha preferito dosare le forze e gli entusiasmi, depositandoli sulla cassa degli interessi degli affetti, che l’hanno ripagata con apprezzabili interessi, quelli che la invecchiano, allegramente e senza rimpianti, con il contagocce. Senza arsenico. Non ci siamo addentrati tra i meandri intriganti della trama dello spettacolo perché abbiamo avuto il terrore di indurvi a capire chi possa essere il responsabile dei due efferati omicidi che si consumano sul palcoscenico. Lo abbiamo fatto un po’ per deontologia e rispetto degli spettatori che verranno, ma soprattutto perché, chi ha avuto l’ardire di svelarlo prima, poi, è morto.

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