CALENZANO (FI). Addentrarsi nei meandri processuali sarebbe servito a poco, forse a nulla. Degli otto duplici efferatissimi omicidi consumati nella provincia di Firenze tra il 1968 e il 1985, generando delle vere e proprie piscosi, ma anche lugubri lazzi, amplificati dai caroselli processuali, soprattutto con Pietro Pacciani, persona indegna di essere definita tale, ma vera e propria star mediatica, nemmeno le Magistrature di Firenze e Perugia sono riuscite a fare piena e definitiva luce. Sì, certo, ci sono due ergastolani, Marco Vanni e Giancarlo Lotti, ritenuti responsabili della metà delle mattanze, ma sulla storia del Mostro di Firenze troppe cose sono rimaste coperte da misteri e da una fitta coltre di interessi e deviazioni. Per questo ha fatto bene Eugenio Nocciolini ad avvicinarsi a quel lunghissimo caso di cronaca nera allestendo, ma dalla parte delle vittime, innocenti e inconsapevoli, NESSUNO, Il mostro di Firenze, in scena al Teatro Manzoni di Calenzano (nella provincia di Firenze, ma la più anonima che si possa immaginare) fino all’ultima replica di oggi, domenica 31 marzo, alle 16,30. Con lui, sul piccolo palco dello stabile, scenografato da due tavoli, ad uso scrivanie della Questura, banchi di frutta, tavolini di Circoli per filotti e confidenze erotiche, Gabriele Giaffreda, Monica Bauco, Antonio Fazzini, Roberto Gioffrè, Vania Rotondi e alcuni ragazzi (che devono lavorare sodo se vogliono fare gli attori) della CalenzanoTeatroFormAzione.

Che diventano le vittime sacrificali, e i loro parenti più stretti, gli amici dei giochi, l’appuntato e il maresciallo della Caserma dei Carabinieri, sullo sfondo di un’Italia come al solito pallonara, facilona e impaurita, di questi riti esoterici, messe nere, giustiziati da una banda di maniaci e depravati, voyeuristi della peggiore stirpe, killer satanici dal sapore del Ku Klux Klan: Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio, Stefano Baldi e Susanna Cambi, Paolo Mainardi e Antonella Migliorini e Claudio Stefanacci e Pia Rontini, coppie giovani e giovanissime tutte della zona maledetta, di famiglie normali, quasi tutte in vista di matrimonio; Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (coppia tedesca, forse omosessuale) e Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot (francesi, gli unici due a essere stati giustiziati all’interno di una tenda canadese e non in macchina) sono le uniche quattro vittime che la rappresentazione teatrale esclude dai dettagli. Tutto raccontato in fiorentino stretto, davanti alla televisione a seguire le gesta calcistiche dell’Italia mundial del 1982, delle Olimpiadi statunitensi del 1985, lontano dalla politica e dall’impegno civile, in pieno boom economico, dagli Scopeti a Signa, da Borgo San Lorenzo fino a Calenzano, passando per Scandicci, Baccaiano, i Giogoli e fino ad arrivare a Vicchio, redole desolate per l’accesso a vigneti e terre coltivate duro, tutto il giorno, frequentate da coppiette in cerca di intimità e luridi bastardi in cerca di anonimato selvaggio, teatri silenti e inorriditi di omicidi apparentemente troppo inutili per giustificarne l’estrema efferatezza. Eugenio Nocciolini, nato e cresciuto in quegli anni strani, si tiene prudenzialmente distante dall’(im)moralità dell’aspetto giudiziario, ma non rinuncia a immergere la rappresentazione in quel terreno fertile e pescoso che è stata la campagna fiorentina e i suoi abitanti in quei lunghi, tragici, diciassette anni, fatta di impotenti chiacchiericci, ingiustificabili luoghi comuni, fatali appostamenti di caccia e di guardoni, dizionari codificati dalla censura, devianze sociologiche, un malcostume brevettato di detestabili impudicizie che sono state trampolino ideale per la strategia criminale di una campagna funerea che ha segnato praticamente un’epoca. Stagione, tra l’altro, terminata solo da un punto di vista giudiziario e criminale, ma probabilmente solo sadicamente interrotta e chissà se ancora al vaglio delle Procure di Firenze e Perugia, che si sono tramandate l’impegno, ancora irrisolto, di dare un nome, un cognome, un volto e la loro classificazione sociale a una banda criminale che potrebbe aver soltanto deposto le armi in attesta di nuovi destabilizzati e destabilizzanti leaders e nuovi sanguinari artefici e soprattutto un nuovo periodo altrettanto fecondo per imbastire, nuovamente, un'altra campagna moralizzatrice, casomai in altre terre, altrettanto impervie e ricche, misteriose e fertili, sataniche ed esoteriche, malate e viziate, ma meno battute.

Pin It