di Francesca Stampone

SAN GIMIGNANO (SI). Arriviamo a San Gimignano in un caldissimo sabato pomeriggio di inizio luglio. Camminiamo in salita per raggiungere il centro del meraviglioso borgo, scenario da anni di un festival di teatro danza e musica: Orizzonti Verticali. Davanti a noi si scagliano per l'appunto antiche torri che si ergono nel cielo, immerse in un panorama mozzafiato in cui l'occhio si perde ancora per l'appunto in vasti orizzonti. Nessun nome fu più appropriato. La magia del luogo innesca subito emozioni ed è una cornice perfetta per accogliere gli spettacoli della serata: L'imputato non è colpevole, con la regia di Tuccio Guicciardini e Juliette on the road (foto di Francesca Di Giuseppe), liberamente tratto dall'immortale e immenso Giulietta e Romeo di William Shakespeare, presentato dalla compagnia Cie Twain Physical Dance Theatre con coreografie di Loredana Parrella. L'imputato non è colpevole è ispirato agli atti del processo a carico di un giovane armeno Soghomon Tehliran accusato (è lui stesso reo confesso) di aver ucciso a Berlino nel ‘21 l 'ex ministro degli interni turco, responsabile del genocidio degli armeni e rifugiato in Germania, paese che all'epoca sostenne la Turchia.
Testo interessante e documento di importanza storica che testimonia la crudeltà subita dal popolo armeno, scarno e drammatico. La messa in scena mantiene l'essenzialità del testo. Due attori, seduti, il giudice e l'imputato, l'uno davanti all'altro, a distanza. Il pubblico seduto ai due lati della stanza come ad assistere a un vero processo. Una recitazione senza fronzoli, compatta e a momenti implosiva. Il giudice è interpretato da un bravissimo Bob Marchese, la cui voce serena e incisiva scolpisce lo spazio in cui lo spettacolo ha luogo, Palazzo della Propositura. Nel ruolo dell’imputato, il giovane Sebastiano Geronimo, acerbo ma intenso, in una veste inusuale, per lui, che è principalmente danzatore (Michele di Stefano; Ariella Vidach). E lo si vede subito, dalla sua presenza consapevole, dal corpo plastico, pronto a spiccare il volo in movimenti che rimangono sempre molto contenuti, a dare valore a una tensione insita nel racconto del personaggio che rivive momenti di forte dramma. Il lavoro è di spessore e di impatto nella sua semplicità; si scorge una scelta registica precisa che vuole valorizzare il testo e la verità, ma che sicuramente ha il potenziale per evolvere e indagare maggiormente una gestualità più marcata e piena, soprattutto visto il potersi avvalere di un interprete così malleabile e sensibile come Geronimo. Se il lavoro di Tuccio Guicciardini, assistito da Patrizia de Bari, è connotato da una certa onestà, altrettanto non mi sento di dire sul secondo appuntamento della serata: Juliette on the road. 
Lo spettacolo è itinerante e inizia da Piazza Duomo, dove una folla sorpresa e gremita si fa incantare da un gruppo di danzatori che tra camminate vorticose si posiziona sulla scalinata della chiesa per intessere il dramma che viene a momenti narrato propriamente con la parola. La coreografia è potente nei momenti corali e ha una dinamicità molto fisica e sicuramente catturante anche se manca una espressività più matura e coinvolgente, autentica. Da Piazza Duomo l'attenzione del pubblico si sposta al loggiato, grazie a una suggestiva illuminazione che risalta con ombre un duetto a tratti struggente, a tratti ancora troppo impegnato a mettere l'accento su virtuosismi tecnici. Dal loggiato lo spettacolo si interrompe, e qui l'incantesimo si spezza. Il pubblico resta confuso. Riprende poi in piazza delle erbe con una coreografia corale dai ritmi tribali e terreni e accattivanti, per finire poi alla rocca con una danza più introspettiva e con immagini evocative e quasi lunari. La scelta di fare spettacoli itineranti è senza dubbio interessante e stimolante. In questo caso però l'iter non è stato di supporto, bensì ha avuto un ruolo preponderante, quasi gestito in modo presuntuoso, lasciando lo spettatore spaesato. La regia ha mancato nel trovare liason - collegamenti tra le varie parti - se non in maniera un po' approssimativa. In modo evidente tra la seconda e la terza parte. Infatti nelle prime due il pubblico fruisce gratuitamente della performance, mentre poi deve pagare se vuole continuare a vedere lo spettacolo. Questa tattica, direi politica, di cui si intuisce l'intenzione di voler se-durre il pubblico per renderlo più sensibile e interessato ai linguaggi teatrali, educandolo quindi, è stata in realtà poco convincente e ha reso infine lo spettacolo dispersivo e troppo diluit.
