di Francesca Stampone

BERGAMO. Che sorpresa! Un festival di teatro nella val Cavallina, una delle svariate valli che si dispiegano intorno a Bergamo. Leggiamo il programma. Che sorpresa! Non il solito festival di dilettanti, ma un programma che incuriosisce e muove! Bene, ci prepariamo alla serata. Da un portone di una villa in pietra, affascinante edificio fine ‘800/inizio ‘900, si entra in un cortile, fresco, con un piccolo pergolato di glicine a dare un tocco di romanticismo. Intorno, i monti orobici, severi e ripidi. Lo spiazzo davanti alla casa fa da palco, le finestre del muro-fondoscena lasciano scorgere luci con effetto gelatina che fanno da illuminazione; una madonnina di gesso come solo elemento scenico. Le sedie si riempiono tutte, il pubblico non è giovanissimo, ma questo è un altro discorso. Andromaca di Euripide dei Sacchi di Sabbia. Silenzio, ecco, entra Andromaca, barbuto e pancione, in una lamentatio che fa subito sorridere. Ci domandiamo: ma è giusto che rida? Ci tranquillizziamo, non siamo i soli. Andromaca dopo l'uccisione del marito Ettore e del figlio Attanasio viene fatta schiava dal re dell'Epiro, Neottolemo, di cui diventa amante e da cui ha un figlio, Molosso.

Ma Neottolemo sposa poi Ermione, figlia di Menelao. Andromaca, che si affida al culto di Teti, la madonnina appunto, tra il sacro e il profano, diventa gelosa di Ermione e da qui rocambolesche vicissitudini e liti. È una tragedia atipica, questa di Euripide, più corale e meno cantrice di gesta eroiche. Euripide è tra i tragediografi quello più contemporaneo, che guarda agli eventi mitologici da un punto di vista più umano, diversamente da Eschilo o Sofocle, che cercano la voce degli dei. E in questo la compagnia Sacchi di sabbia è riuscita: a rendere l'aspetto umano con il vigore del popolare. Popolare perché ci ricorda molto la tradizione orale, raccontata nelle aie, come qui si raccontano al pubblico, vis a vis, gli accadimenti e i fatti. Niente quinte, niente effetti e trucchi scenici; gli attori coinvolgono il pubblico con una presenza conviviale. Popolare perché principalmente in toscano, tranne qualche battute in napoletano dell'attore partenopeo che fa parte della compagnia nata a Pisa. Toscano quasi in tutto: nell'accento, nei termini, nell’ironia sarcastica, a volte becera. Irriverente nei confronti di un testo così sacrale. Parole e battute che usa anche Ceccherini, ma il passo è un altro, per intelligenza e cultura. Massimiliano Civica e gli attori della compagnia hanno riscritto una sceneggiatura con sagacia e dissacrante genialità, a momenti viene da pensare ai superlativi (qui, il paragone, è opportuno) Monty Python. Anche la parola più volgare non è volgarità. Operazione che richiede grande sapienza e grande intelligenza, che riesce solamente quando si ha possesso della propria eredità linguistica e letteraria, quando non si ha bisogno di rispetto ossequioso e manicheo per mostrare e ostentare. Extra, il nome del festival, che richiama ovviamente a Extra ordinario. Straordinari sono i Sacchi di Sabbia, esilaranti nel ricoprire i vari personaggi, scambiandosi con grazia e autoironia ruoli maschili e femminili, senza sterili impostazioni. La regia, corale, fluida, ritmata, assolutamente brillante, che del testo ha omaggiato anche la poesia con modi e tempi giusti. Quello che ha più stupito poi, a noi toscani intrufolati in un pubblico locale con una forte identità dialettale, è stato notare quanto, tutti, si siano divertiti, senza riserve, gioendo e applaudendo, convinti, alzandosi dalle sedie soddisfatti e rinati, proprio come accadeva al pubblico nell'antica Grecia. Tragedia e commedia erano due generi letterari il cui scopo era liberare emotivamente lo spettatore, in una catarsi collettiva: l'una attraverso il pianto, l'altra attraverso la risata. E anche in questo sono riusciti, addirittura rovesciando tragedia in commedia. Anche noi ci alziamo soddisfatti e rinati e portando lo sguardo al cielo sconfinato invochiamo un grazie divertito agli dei sopra, o forse a noi umani che, nonostante chiusure e recinti invocati da molti, crede nell’universalità del teatro e della cultura.

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