PRATO. Gesso e pazienza. Lo raccomandiamo prima di tutto a noi, che saremmo tentati di scrivere, di getto, l’indignazione provata assistendo alla prima parte de La valle dell’Eden, lo spettacolo, anzi, la provocazione, l’ennesima provocazione di Antonio Latella, in scena, fino a domenica 24 novembre in un massacrante tour de force al Metastasio di Prato, che ha coprodotto questa opera messianica con Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro Stabile dell’Umbria. E invece, seppur nella nostra impazienza da prestazione, ci consigliamo di aspettare, a sentenziare, perché siamo convinti che la miriade di informazioni, trabocchetti, studi psicotici, controsensi teatrali, scenici, attoriali, la luce soffusa in sala, che sembra voglia dire che lo spettacolo non sia ancora iniziato o che stia per finire, esposti in bella mostra con tanto di ghigno al seguito rappresentino, unicamente, il prologo necessario che un intellettuale del calibro del regista partenopeo si può permettere il lusso di adottare e che lui, sistematicamente, si prende.

Il muro di mattoncini di legno che separa il bene dal male, l’Eden da tutto il resto, la vita dalla morte e che crolla improvvisamente e inesorabilmente come indizio della fine della prima parte non può essere, a nostro avviso, che l’anticipazione alla seconda che verrà e che risolverà, non risolvendoli affatto, i quesiti che ci siamo posti leggendo il capolavoro di John Steinbeck e con i quali abbiamo dovuto fare i conti poi, nelle sale cinematografiche e ora, a Teatro. Sono troppi gli elementi che parrebbero condannare, senza possibilità di appelli e revisioni, la rappresentazione di Latella, che potrebbe essere tacciato di polveronismo se solo non si conoscessero i suoi illustri precedenti. Intanto, riponiamo nella teca della memoria la straordinaria performance di Samuel Hamilton (Michele Di Mauro), il maestoso controllo di Adam Trask (Annibale Pavone), che riesce, come Miles Davis, anzi, meglio, a non guardare mai un attimo il pubblico negli occhi e la camaleontica, keatoniana, circense prova di Lee (Massimiliano Speziani, sosia di Ciro Masella). Poi, semmai, faremo in tempo a chiedervi scusa.

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