di Raffaele Ferro

PISTOIA. Danza, spazio, parola, suono. Elementi per un fondale in divenire, moltiplicazione di gesti, sinuosità di corpi e il respiro teneramente rilassato del poeta. Roberto Carifi - caro a noi che lo abbiamo letto, ascoltato, atteso, e che da anni lo sappiamo prezioso, sempre più unico - è qui con noi. Si può essere poeta del corpo? Di sicuro se ne può moltiplicare l'energia nell'incontro di venti corpi, venti partecipanti al seminario durato una settimana, a Pistoia, seminario sbocciato in questa commovente performance, Mother Stanze poetiche. Virgilio Sieni (che si è avvalso della collaborazione artistica di Giulia Mureddu e Carlotta Bruni e dell’Atp per la produzione), protagonista della danza contemporanea dai primi anni ’80 e dello studio del movimento, legato all'organismo, alla natura e agli equilibri, ha alle spalle numerosissimi spettacoli e laboratori in tutto il mondo, collaborazioni con musicisti del calibro di Ennio Morricone, Steve Lacy, Alexander Balanescu. Qui a Pistoia, in un palcoscenico circondato dalle sedie occupate da un ristretto numero di spettatori, è riuscito a comparire, solo nel finale: appare sul filo bianco del risveglio dal sogno, dal momento ipnagogico.

Complicato descrivere la delicatezza dei partecipanti, diciotto donne e due uomini (Rosanna Barbarani, Simone Bartolini, Carla Caterina Bettazzi, Claudia Cappellini,  Francesca Caporilli, Benedetta Chisari, Donatella Del Fiume, Rita Agatina Di Leo,  Arbina Dika, Flavia Forgione, Cecilia Lattari, Andrea Noferi, Melania Pacini, Pragnaben Patel, Cosetta Pucci, Emanuela Puzio, Linda Rafanelli, Roberta Rotonnelli), in linea, lenti movimenti a colorare il loop musicale in sottofondo, delicati come monaci che compongono un mandala. Sinestesia, compassione e liberazione. Lacrima di madre per un figlio, lacrime e sussurri, lettere di un figlio a una madre, mai spedite, costudite nel cuore - questo intende il poeta nelle sue parole, proiettate sullo schermo nero in fondo. Parole nette, carattere typewrite, a rimarcare qualcosa di vissuto e poi dimenticato, per essere ricordato nella manifestazione, nell'epifania di questa performance. Qualcosa che era, prima dell'inizio, qualcosa che cambia, che ci cambia, al momento ripetuto e irripetibile di ogni lettura. Pressappoco sono state queste le care parole che Virgilio Sieni ha usato nei saluti finali, informali e familiari, per rendere grazie al poeta e alla sua utile, indispensabile esistenza. Parallelo, o meglio incrocio, intreccio libero, ossimoro di blocco rilasciato, parole e silenzi. Il sorriso e la seria, concentrata, mai tesa, espressione dei partecipanti. La visagèité presente, in primo piano. Loro in effetti sono stati i protagonisti, parti moltiplicande, (e non moltiplicate) in divenire, come frattali umani, hanno reso possibile quell' alchimia che rende suono al movimento, che restituisce vita all'appassire dei giorni. Giorni contraddistinti, sempre e per tutti, da luce innominabile e nero crepuscolo, qualcosa che la poesia, che è danza, che è suono, riesce a coniugare, a raccordare, a contenere e a rilasciare, tracciando segni indelebili ma diafani, come granelli di sabbia visti al microscopio, come gesti lenti, incontri rinfrancanti, tregue in tempi alienati e votati solo all'automatismo e alla meccanica ripetizione.

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