
PRATO. È la piccola, grande tragedia, nella migliore delle ipotesi incruenta, che si consuma, in particolar modo in Italia, da qualche anno, da quando la globalizzazione, come la intende il capitalismo, non come la pensavamo noi, ha preso il sopravvento. A Borgoabbatuffoli, paesino dell’entroterra chiantigiano, la nascita di un supermercato stritola la concorrenza dei piccoli esercizi. In particolare quella di quei quattro negozi che si affacciano sul centro del paese: il bar, la sartoria, la macelleria e la libreria. E la giovane regista Fiammetta Perugi, guidata dal vecchio Massimiliano Civica, che si è a sua volta avvalso delle residenze artistiche di Castiglioncello Armunia/festival Inequilibrio, Sansepolcro CapoTrave/Kilowatt e grazie al circuito regionale Fondazione Toscana Spettacolo, ha scritto, con Marco Bartolini, questo lungometraggio teatrale, La piazza, sul palco del Magnolfi di Prato, in prima nazionale, fino a domenica prossima, 22 dicembre. I quattro bottegai se la passano maluccio da tempo, ormai e dopo la chiusura del quinto negozio, qualcuno, tra i sopravvissuti, inizia a domandarsi se valga o meno la pena insistere con quell’attività, anche se è frutto di un lavoro generazionale ereditato dai genitori e abbandonarla ha il sapore di un sacrilegio.
La concorrenza, affidata alla grande distribuzione, è praticamente imbattibile e nonostante ognuno dei giovani commercianti si voglia convincere, e voglia soprattutto convincere la clientela, del senso e dell’utilità dei loro esercizi, gli affari naufragano inesorabilmente. Graziano, però, il libraio, per protesta e per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica, si incatena davanti al suo locale, fingendo addirittura di avere i giorni contati per una malattiaccia che l’ha colto di sorpresa. L’escamotage non renderà i frutti sperati, così come la stampa locale, invitata per fare da cassa di risonanza al dramma di quei lavoratori, non si presenterà. A poco a poco, al posto della rabbia, prenderà il sopravvento la desolazione, anche se la sartina inviterà tutti alla prudenza e alla pazienza, perché è solo una moda, e passerà. Lo spettacolo, che vi consigliamo di andare a vedere (i giovani hanno bisogno di calore, conferme e un po’ di benzina per continuare a credere nei loro faticosissimi sogni, che nel caso specifico han dato prova di coltivare a ragion veduta), gode già del riconoscimento assegnato alla regista quale vincitrice del progetto Davanti al pubblico 2019. E sulla scena, tutti i protagonisti si muovono con disinvoltura, evitando enfasi fuori luogo, scurrilità dizionarie e tutto quanto, nell’era della globalizzazione appunto, faccia presa rapida, evitando, tra l’altro, nonostante la storia sia ambientata nel cuore della Toscana, di slangare nella lingua abituale, cosa che, più che essere perdonata, avrebbe anche potuto avere un senso teatrale.
