di Luciano Uggè

GENOVA. La quarta edizione di Intransito, rassegna teatrale organizzata dal Comune di Genova in collaborazione con Teatro Akropolis, Associazione La Chascona e Officine Papage, si è conclusa sabato 14 dicembre: vincitore, Pan Domu Teatro con Assenza Sparsa. La prima Compagnia che seguiamo, venerdì 13, è Archipelagos Teatro che presenta lo spettacolo Aspide. Gomorra in Veneto - di Tommaso Fermariello, interpretato da Gioia D’Angelo e Martina Testa. Una ricostruzione giornalistica che utilizza, oltre alla documentazione processuale, il racconto della moglie di un imprenditore preso nelle maglie della camorra operante in Veneto. Un testo che riassume le tante difficoltà che ha incontrato la giustizia italiana nel perseguire i colpevoli di una serie di atti criminali (tra i quali pestaggi, sevizie, ricatti e usura) e nel rintracciare i legami che li collegavano al clan dei Casalesi. Un lavoro fortemente di denuncia anche nei confronti di quei politici che vorrebbero confinare la presenza delle mafie in situazioni e regioni specifiche, stentando a riconoscerne la capacità di penetrazione e, in alcuni casi, anche di fronte all’evidenza dei fenomeni che si registrano. Un testo, inoltre, che scava nel sistema di potere delle banche e accusa implicitamente uno Stato che nulla fa per evitare che aziende, anche sane, finiscano nelle mani degli usurai - in quanto non supportate, a livello finanziario, da quelle stesse banche che preferiscono giocare in borsa piuttosto che aiutare a mantenere un tessuto economico sano. A livello teatrale, una rappresentazione che necessita di maggiori approfondimenti drammaturgici e che, a momenti, sembra più la ripresa di un programma televisivo che una messinscena.

Da apprezzare, in ogni caso, il desiderio di impegnarsi in uno spettacolo di denuncia per fatti che, altrimenti, rischierebbero di rimanere confinati nelle cronache dei quotidiani locali. In seconda serata, Pan Domu Teatro presenta Assenza Sparsa - un monologo di e con Luca Oldani (nella foto; con la collaborazione alla drammaturgia di Jacopo Bottani). Questo sarà anche lo spettacolo che si aggiudicherà, nella serata finale, i 1.500 euro di contributo alla produzione. La giuria, composta da Massimo Betti Merlin del Teatro della Caduta di Torino, Stefania Opisso del Teatro Nazionale di Genova, Cristian Palmi dei Teatri d’Imbarco di Firenze, Marina Petrillo della Tosse di Genova e Giovanni Zani del Wonderland Festival di Brescia, ha così motivato tale scelta: per la capacità di trattare un argomento ostico scommettendo in modo innovativo su registri dal grottesco al poetico, senza rinunciare alla profondità del tema, e per la qualità e la consapevolezza dell’interprete. Nello specifico, Luca Oldani, durante tutto lo spettacolo, cerca un confronto con il pubblico attraverso domande retoriche e tentativi di condivisione dei propri pensieri ad alta voce. Il tema affrontato è uno tra i tanti non risolti in maniera positiva dal nostro Parlamento - sebbene più volte sollecitato dalla magistratura italiana. Ossia, come rispondere al fine vita di persone in coma. L’attesa, che si protrae a volte per anni, procrastinata da macchinari che sostituiscono le naturali funzioni vitali, ci pone di fronte a corpi che, privati di ogni possibilità intellettiva e movimento conscio, giacciono in un letto. Questo tempo sospeso, sulla scena, è inframezzato da battute che il protagonista sembra inserire per alleggerire il contenuto, rischiando però che lo stesso ne rimanga offuscato, quasi messo in sordina. Contenuto che è, d’altro canto, tra le motivazioni per le quali la giuria lo ha premiato, ma che non pare emergere mai con un’adeguata forza drammatica, né in maniera incisiva, rimanendo a livello di non detto. Sabato 14 dicembre, ultima serata della rassegna, si apre con lo spettacolo Pezzi. Si vive per imparare a restare morti tanto tempo di Rueda Teatro. In un contesto tutto al femminile - composto da una madre e dalle due figlie - si cerca di indagare la ritualità familiare del periodo prenatalizio. La costruzione dell’indispensabile albero - di cui si nota l’originalità - diventa il momento, per le figlie, di esprimere i propri sentimenti e le aspirazioni normalmente represse. Il disincanto - in attesa di una presenza che non si manifesterà - rispetto a ciò che si sta facendo si allarga, contagiando, alla fine, tutte le componenti del piccolo nucleo con un’esplosione di consapevolezza che darà luogo a una danza comune e liberatoria. Uno spettacolo sul lutto e la sua difficile gestione, sulla fragilità dei sentimenti e la difficoltà di rispettare le persone che amiamo maggiormente. Un lavoro che dovrebbe essere migliorato a livello di ritmi, evitandone l’eccessiva ripetitività e concentrandosi sul tema principale. La scenografia, pur nella sua estrema asciuttezza, risulta funzionale in special modo nella parte centrale dello spettacolo. Ultima performance a Intransito 2019, Un po’ di più di e con Zoé Bernabéu e Lorenzo Covello. Un incontro, l’innamoramento, poi le incertezze e le difficoltà del relazionarsi con l’altro da sé. L’indifferenza che ci rende, a un tratto, fragili e incerti nell’affrontare una situazione nuova. La leggerezza dei piccoli gesti quotidiani, delle abitudini che ci rassicurano sul nostro essere al mondo. Uno spettacolo dove la parola ha poco spazio (ma pregnante), e il contenuto - delicato e intelligente - è demandato ad altri segni, quali la danza o la pantomima, la giocoleria o il canto. Ci muoviamo perdendoci, ci inseguiamo per dare luogo a sfuggevoli abbracci che preannunciano nuovi distacchi. Quando il rapporto si fa più intimo si scoprono anche le care abitudini, come il lento risvegliarsi per affrontare una vita sempre più incerta e caotica. Colpisce la continuità dell’azione, la capacità di costruire un percorso esteticamente e drammaturgicamente credibile, utilizzando l’espressione corporea per affrontare e mettere in scena le nostre fragilità e paure. Un’azione a tutto campo, quella che si dispiega, che invade il palcoscenico, accompagnata da una buona scelta delle musiche e un altrettanto buon uso delle luci, che rendono ancora più omogenei i diversi linguaggi utilizzati e in cui spicca anche il nuoveau cirque. Nel complesso, gli spettacoli messi in scena sono frutto di drammaturgie originali e impegnate. D’altro canto, se si esclude l’ultimo lavoro in concorso, si sente la mancanza di quelle economie che permetterebbero di inserire elementi importanti, come un buon disegno luci, musica e rumoristica, un apparato scenico maggiormente significante. Si nota anche la mancanza di performer più esperti e del supporto di una regia adeguata, fattori che servirebbero ad arricchire i contenuti, ma anche la forma. Dopo alcuni anni di sperimentazione ci si chiede se l’under 35, per quanto tentativo di valorizzazione nato con le migliori intenzioni, sia davvero la soluzione ottimale per far crescere una nuova generazione di professionisti.

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