CAMPI BISENZIO (FI). Certe volte, per trascorrere il letizia un ultimo dell’anno, non è necessario arrivare in posti esotici o cenare a lume di candela con chef stellati e camerieri impeccabili. Si può star bene, divertendosi, anche in compagnia di vecchi amici e nuovi conoscenti, in una trattoria alla buona, dove però, nonostante non ci siano piatti ricchissimi, si mangi bene e si beva anche del buon rosso. Camicia su misura, uno dei tanti spettacoli che ha lanciato, seppur non in orbita, ma nei backstage dei teatri della Toscana, sì, Andrea Bruni, è quello con il quale abbiamo aspettato, rilassati e divertiti, la mezzanotte del 31 dicembre 2019. Lo abbiamo fatto in un esaurito in ogni ordine di posti TeatroDante Carlo Monni, a Campi Bisenzio (si replica anche oggi, 1 gennaio, alle 18), con buona parte delle coppie indigene di mezza età al tepore della platea e molti cinesi, soprattutto giovanissimi, ormai perfettamente integrati nel tessuto connettivale della zona, fuori al freddo, preferendo i modesti e innocui fuochi d’artificio alle risate troppo distanti, forse, dalla loro ilarità.

Uno spettacolo che dopo dodici anni di esperienze e una serie innumerevole di riproposizioni, resta gradevole. La squadra, diretta da Andrea Bruno Savelli, è composta dalla famiglia Petroni, con Andrea Bruni nei panni dell’avvocato/scrittore Luca che deve per forza di cose inventarsi psicologo, sua moglie (Alessia De Rosa), vittima impacciata e imbalsamata di un marito ingombrante ed eccentrico e la figlia diciassettenne, dark e borgatara, Greta (Greta Fanoi), alle prese con un’adolescenza inquieta. L’inaspettato successo bibliografico dell’avvocato, in ansia per le vendite, le interviste e la fama che sembra prendere vita attorno al volume, viene letteralmente spazzato via dal tempestoso arrivo di Max (Marco Bruni), rocambolesco psicopatico che nessun analista sopporta più. Giocano invece più ruoli, Veronica Natali e Francesco Renzoni, segretaria napoletana tuttofare del professionista, infermieri (livornesi) e troupe televisiva di una Rai allo sbando. L’equivoco e l’inganno sono il trampolino dal quale si lanciano tutti i personaggi, con una discreta velocità, un’ottima amalgama e una dose chimica e professionale di simpatia. L’incipit della rappresentazione prende vita dalla lamentele, telefoniche, che Luca Petroni esterna alla sua domestica partenopea, a proposito della camicia che non sembra essere più su misura, proprio nel giorno in cui, a casa dell’avvocato, sono attesi giornalisti e cameramen per l’intervista a proposito dell’improvviso successo bibliografico. Una serie di naturali contrattempi e pilotati fraintendimenti trasformano la giornata, che sarebbe dovuta essere epica e trionfale, in un rovinoso fallimento, parzialmente lenito dall’improvviso rinsavimento della figlia non più preda di isterismi metropolitani, da uno scatto di orgoglio della moglie incerta e succube e da un inaspettato e imprevedibile fidanzamento, con battute a raffica decisamente prevedibili, più che ascoltate, ma di sicuro impatto, come un semplicissimo piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino, di una cucina modesta, ma che se non preparato con cura, rischia di diventare un primo sgradevole. E con un interrogativo - a chi affidare il primato tra fantasia e ragione -, che tutto il pubblico ha poi disinvoltamente affogato nello spumante e nel panettone offerto nel foyer del Carlo Monni dalla direzione del teatro al termine dello spettacolo, visto e considerato che tra la chiusura del sipario e l’ultima mezzanotte del 2019, mancavano ormai solo una manciata di minuti.

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