PRATO. Diffidate, a teatro, dello spettacolo che sta per iniziare quando dalla platea, alla prima innocentissima battuta, sentite sgorgare qualche risata fuori da ogni ragionevole presunta ilarità. L’ultimo esempio, ultimo solo in ordine di tempo, è arrivato ieri, al Metastasio di Prato (si replica fino a domenica 19 gennaio), dove Massimo Grigò, Alessia Innocenti, Annibale Pavone, Tommaso Massimo Rotella e Tommaso Taddei hanno riprodotto Chi ruba un piede è fortunato in amore, per la regia di due sacchi di sabbia, Giulia Gallo e Giovanni Guerrieri, commedia cara all’avanspettacolo di Dario Fo - quando aveva il viso sottile e i capelli neri; quando aveva i capelli -, prima che il giullare si offrisse, anima e corpo, all’impegno militante. Al di là di considerazioni profondamente personali e spirituali sullo stato di forma di alcuni dei protagonisti, che ci teniamo dentro perché mal supportate da un’oggettiva e collettiva e dunque corretta considerazione attoriale, resta insindacabile il fatto che di certe pantomime teatrali non se ne senta affatto la nostalgia, nonostante qualcuno, in platea, abbia salutato lo spettacolo con una risata come se siul palco ci fossero le comiche con Stanlio e Ollio.

E siccome conosciamo, perché abbiamo avuto modo di poterla vedere da vicino, e divertirci molto, la vis comica di quasi tutti i protagonisti dello spettacolo, non ci resta che concludere che un cast così polifonico e con una così discreta formazione, il risultato finale, se concentrato su un altro testo, sarebbe stato, indubbiamente – e stavolta ne siamo certi – assai più confortante, soprattutto per il pubblico, che non si è ragionevolmente sbellicato dalle risate. Non è e non vuol essere una bocciatura, né crediamo che a settembre le cose, dopo un’estate trascorsa a prendere ripetizioni, possano e potrebbero andare meglio. Crediamo che certa comicità, maledettamente datata e strettamente legata al boom del secondo dopoguerra e a tutto quello che ne conseguì, abbia fatto il suo tempo e che non possa venir riprodotta con tanta disinvoltura, anche se a ricantarne le gesta siano animali di razza della risata, come lo sono, insindacabilmente, I sacchi di sabbia (con Andromaca di Massimiliano Civica ricordiamo, perfettamente, di essere usciti da teatro con i crampi alla pancia e le lacrime agli occhi dal divertimento), ad esempio, che su questa rivisitazione hanno messo mani e offerto personale. Non sappiamo quali siano state le reazioni del pubblico al cospetto dei tentativi fatti da altri, su questa commedia, come la rilettura del testo effettuata ad esempio da Carlo Emilio Lerici, con un cast, anche quello, di sicuro e certo impatto, con Susy Sergiacomo nel ruolo di Dafne e Roberto Tesconi in quello di Apollo. Gli equivoci sui quali monta lo scheletro della commedia allora, sono oggi decisamente sorpassati, anche se, per molti versi, non ancora debellati, tanto nei costumi, quanto nelle procedure burocratiche da mazzetta. Che Massimo Grigò incarni alla perfezione il ruolo del marito deliberatamente cornuto, così come Annibale Pavone quello, plurimo, del furfante e del carabiniere, non ci sono dubbi; così come Tommaso Taddei non tradisca le aspettative nel fingersi cartone animato e inattendibile cronista/voce fuori campo. Un po’ meno a suo agio Alessia Innocenti, una Dafne che non disdegna di scoprire cosce a reggicalze senza però dare mai l’impressione di avere la vocazione al tradimento e Tommaso Massimo Rotella, un Apollo un po’ timido, che non onora la leggenda della propria inarrestabile gelosia.

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