di Stefania Sinisi

FIRENZE. Ci confida nella penombra del palcoscenico il suo amore e la sua passione per il cabaret, per l’arte comica in genere e per il camuffamento, in una narrazione sincera, accompagnata dalla fisarmonica di Marcello Fiorini. Dario Ballantini al Teatro Rifredi di Firenze (si replica fino a domenica 19 gennaio) porta in scena Ballantini & Petrolini (regia Massimo Licinio), 7 famosi personaggi del grande Ettore Petrolini, inaugurando così questa tappa fiorentina. Accavalla e intreccia le narrazioni degli albori della vita artistica di Petrolini ai suoi ricordi d’infanzia, mescolandoli, mescolandosi ai personaggi che interpreta, ripercorrendo con il pubblico un vero viaggio nella storia del teatro italiano. Ettore Petrolini è considerato, a ragione, il precursore di un genere che ha rivoluzionato l’intero panorama artistico del ‘900, così detto demenziale, che ha generato una corrente ancora fortunatamente viva. Le intenzioni dell’onemanshow (fama nazionale grazie ai suoi travestimenti di Striscia la notizia, sull’ammiraglia della Fininvest, Canale 5) sono ammirevoli; ci offre in dono Petrolini imitandolo accuratamente, lo interpreta sostenendo da solo un intero repertorio, ma dov’è la sua interpretazione personale, quella vena caratteriale che distingue un attore da un semplice imitatore?
In grado di reggere l’attenzione del pubblico con uno splendido camuffarsi e trasformarsi (interpretando un ottimo Nerone, un simpatico Fortunello e Gastone, un gagliardo Gigi er bullo) sostenendo un interessante ritmo scenico, Dario Ballantini mostra prima di tutto l’uomo che porta in scena se’ stesso, usando il palco come un camerino aperto: si trucca e si strucca e in confidenza ci racconta e si racconta con un velo di malinconia. Il pubblico è stato incline alla risata, apprezzando il tentativo del guitto livornese di scrollarsi di dosso la frustrazione di essere solo e soltanto il volto comico di una televisione sempre meno guardabile, più che un artista di successo impegnato su tanti fronti; come pittore, ad esempio, con la sua mostra a Firenze proprio in questi giorni, senza dimenticarlo come scultore, ma anche imitatore e chi più ne ha, più ne metta. Ma non sempre è riuscito a farci dimenticare il Valentino di Striscia, apparendo nella mimica un po’ monocorde, soprattutto se relazionato alle emotività trasmesse da alcuni suoi illustri predecessori, tra i quali crediamo sia doveroso citare, su tutti, Nino Manfredi, Gigi Proietti e Enrico Montesano. La satira di Petrolini è sempre attuale, caratterizzata e strutturata dalla comicità all’introspezione umana come Arte raffinata che in pochi riescono ad esprimere con altrettanta semplicità’ e grazia. Tutti hanno attinto dall’eredità di Petrolini: l’arte sta nel deformare; leggo anche dei libri, molti libri: ma ci imparo meno che dalla vita. Un solo libro mi ha molto insegnato: il vocabolario. Oh, il vocabolario, lo adoro. Ma adoro anche la strada, ben più meraviglioso del vocabolario. Petrolini si è formato in strada, maestro di vita, autodidatta: merita essere innalzato ancora oggi e ricordato come memoria collettiva, come base culturale per la creazione di una comicità nuova. Sono queste le premesse a cui ci esorta Dario Ballantini, un invito a non dimenticare; e per questo gli siamo grati. A conclusione dello spettacolo, tra il pubblico, uno spettatore d’eccezione, un discendente diretto di Ettore Petrolini ringrazia Dario, mostrando la statuina di Napoleone, insostituibile portafortuna che lo ha accompagnato in tutti i teatri del mondo. E questo, forse, è stato il momento più significativo ed emozionante dell’intera serata.
