di Francesca Infante

PISTOIA. Lui uccide il suo canarino, lei usa il sangue per masturbarlo. Una scena forte, potente, rivoluzionaria ma troppo breve, che lascia intravedere, con amarezza, il livello disturbante che avrebbe potuto avere After Miss Julie. È questa la rappresentazione andata in scena sul palco del Teatro Manzoni, dramma tratto dall'opera di Patrick Maber, riscrittura del testo La signorina Giulia di August Strindberg, con la regia di Giampiero Solari e con Gabriella Pession, Lino Guanciale e Roberta Lidia De Stefano. Il luogo dove accade la vicenda è la cucina della villa di una famiglia dell’alta società inglese, dove Miss Julie, figlia dei proprietari, gioca a trasgredire socialmente e sessualmente. La vediamo che irrompe continuamente nella cucina provocando colpi di scena e finte casualità per sedurre John, autista e maggiordomo di famiglia, facendolo in maniera spudorata di fronte a Christine, cuoca e promessa sposa di quest’ultimo. La serata diventa una macabra celebrazione, oppure una rimozione ironica del successo del Partito Laburista; infatti, tra i valori espressi dallo stesso partito, ci sono l’emancipazione femminile e la liberazione sessuale. È la stessa Miss Julie che vuole fuggire dalla sua vita di agio e ipocrisie; in realtà, lei è la vittima dell’eredità della sua anacronistica posizione, una outsider della nuova società inglese appena proclamata con la vittoria dei Laburisti.
Nello spettacolo, il punto di vista dello spettatore cambierà come in un piano sequenza, con un movimento lento e continuo, attraverso la rotazione dello spazio cucina. Questa spirale di distruzione è il luogo reale ricostruito psicologicamente da Julie e John, dove per paradosso la cuoca Christine rappresenta il desiderio di non mutare l’ordine sociale prestabilito. Patrick Marber costruisce un finale crudo e violento dove il sangue e il rosso diventano realtà e simbolo tragico del dramma. Il dramma è ambientato nell'Inghilterra del '45, dopo la fine del conflitto mondiale; Giampiero Solari decide di traslarla in Italia, dopo la liberazione nazifascista, riportando gli stessi temi, ovvero la diseguaglianza sociale, la liberazione sessuale delle donne e il maschilismo intrinseco della società. La scena è unica, tutto si svolge nelle mura isolate della cucina, che lasciano udire ciò che accade fuori. Gli elementi sonori sono sicuramente la vera chicca di questo spettacolo, non solo per le musiche (tra cui Bella ciao), ma anche per i fischi ad ultrasuoni, usati appositamente per disturbare lo spettatore, nei momenti di tensione; la vera pecca è che la scrittura e la messa in scena di After miss Julie non si uniforma ai suoi suoni angoscianti. Il testo, nato come dramma forte e prepotente sulla liberazione sessuale, viene smorzato da molti (troppi) momenti comici, appositamente cuciti sui personaggi, per attirare il grande pubblico, dimenticando il palco teatrale e la potenza dell'impatto che può avere un testo così rivoluzionario. Tutte le volte che sembra stia per osare con scene disturbanti (come il tentato stupro), tutto viene smorzato e sminuito dalla cadenza comica, pensata appositamente per non scandalizzare troppo gli animi. E l'uso delle luci ne sono la vera prova. La scena è sempre luminosa, a parte nei momenti in cui i due protagonisti, (Grabriella Pession che interpreta la signorina Giulia e Lino Guanciale che interpreta Gianni) si corteggiano o nei momenti di grande tensione drammatica, ed è lì che la luce cala e diventa soffusa ma per pochi attimi, per poi tornare ad essere diffusa e calda, sottolineando la solita (invadente) comicità. Sarebbe menzognero dire che lo spettacolo non riesce, perché ogni piccola parte è curata nel dettaglio per non far mai perdere l'attenzione allo spettatore. Ma After miss Julie non riesce a colpire nella profondità dell'animo, non riesce a trasmettere, nonostante la bravura della regia e degli attori, (lodevole è l'interpretazione di Roberta Lidia De Stefano che interpreta la cuoca Cristina, figura retorica dello status sociale immutabile), la prepotenza e la voglia di riscatto e libertà dagli schemi sociali che era contenuta nei due personaggi di Giulia e Gianni, lasciando così l'amaro in bocca, per aver solo intravisto la grande potenzialità di un testo, ridotto a stracci dalla smorzante comicità. In morte di un canarino, caduto per regalarci un secondo di teatro vero.
