FIRENZE. Il pubblico continuava ad applaudire; loro, gongolavano, nel senso più poetico e disarmante che possiate immaginare. Noi, piangevamo, fortissimo, perché non riuscivamo a calibrare le nostre sensazioni, perché saremmo voluti salire sul palco e abbracciarli uno a uno, anzi, tutti insieme, casomai rotolandoci per terra, con il rischio di farci anche male. Ne sarebbe valsa la pena. A loro, scommettiamo, non sarebbe dispiaciuto, perché è quello che stanno cercando di fare: tornare a far parte della grande mela, ma solo dopo essere stati all’inferno, o esserci addirittura nati. Sì, perché gli attori che hanno dato vita al Teatro Cantiere Florida, a Firenze, a Sacro Quotidiano, appartengono al cosmo delle marginalità (salute mentale, dipendenze, migrazione) mostruosamente e pericolosamente avvicinato a quello degli altri grazie a un gruppo di educatori (Luisa Agostini, Barbara Bacci, Angela Bargigli, Stefania Bessi, Tiziana Brezzi, Bartolomeo Gentile, Cristina Guerrieri, Barbara Gufoni, Simona Moretti, Cristina Ricci, Mary Spano, Elena Tafi e Marco Vincenti) che da oltre un lustro hanno dato vita al Teatro come Differenza, progetto di lillipuziano mastodonticismo che crea resurrezione spirituale, umana e dunque storica e civile.

Un solo angelo sul palcoscenico, con le spalle rivolte al pubblico, ha aperto la porta dell’esibizione a tutti gli altri dannati, compresa una darkMadonna, tra l'altro anarchica, stile Clash, che sono arrivati, chi dal backstage, chi dalla platea, portando con sé un piccolo lumino cimiteriale e quella carica mostruosa di (dis)umanità che ha imposto a tutti i presenti (moltissimi) religiosa attenzione e uno sforzo, non da poco, di riuscire a sintonizzarsi sulla loro sacralità, che altro non è che la nostra quotidianeità, a loro sistematicamente vietata. Una rappresentazione corale, composta, rigorosa, grazie alla regia di Paolo Biribò, Marilena Manfredi, Francesca Sanità ed Elena Turchi, che si è avviluppata attorno a semplici, per noi, messaggi sopravvivenziali, scanditi dal centro del palco, un piccolo ring illuminato dalla luce del fondo composto dal cellofan della carta con la quale, abitualmente, chi può, a pasqua, scarta le uova di cioccolato, dove ognuno, a turno, è andato a sussurrare i propri desideri, le più recondite paure, ma anche fumosi proclami, esilaranti scioglilingua, danze funk/rap, chiedendo soltanto di essere ascoltato, capito, accettato. Giovanni Abbazzi, Federico Amato, Mirko Angelillis, Sabrina Baldazzi, Sona Baradaran, Erika Baragatti, Roberta Barderi, Ilaria Bindi, Piero Bonciani, Bianca Bordoni, Leonardo Brighella, Mattia Caciagli, Fabio Calonaci, Silvia Carigiani, Settimio Cavuoti, Marco Chiappi, Lorenzo Corbi, Antonio De Niccolò, Sonia Donato, Filomena Fresu, Marilisa Gennai, Cristian Leone, Guido Leoni, Fabio La Ratta, Pierluigi Logli, Naeem Malik, Carla Marzuoli, Alessio Michelotti, Sara Mistretta, Jamal Oubelaid, Lorenzo Parente, Sabatino Parente, Antonella Parlanti, Francesco Pistone, Sergio Poli, Luca Rettori, Antonella Sabatini, Rosalia Salvia, Eugenio Sciascia, Lorenzo Senesi, Romeo Tognetti e Roger Youffa Kassi. Sono loro i protagonisti di un evento di rara straziante bellezza, tanti piccoli, grandi Bibò che non sono alla ricerca della pietra filosofale, di un Pippo Delbono qualsiasi che li porti in tournée, sradicandoli dal loro anonimato per consegnarli a un successo che ne oscuri la disabilità, ma solo e soltanto di un altro mondo, sempre meno possibile, nel quale potersi ritagliare uno spicchio di utilità collettiva, grazie al quale potersi (ri)sentire ancora appartenenti al genere sacro quotidiano. All’ingresso, il Teatro come Differenza ha distribuito, con il foglio di sala, delle figurine, ognuna delle quali rappresentante una santità; a noi è toccato San Risveglio da Torpore, un santo che proveremo a non maledire, come facciamo abitualmente con gli altri non contemplati nello spettacolo, ma che cercheremo di (ri)conoscere, per strada, quando corriamo a perdifiato senza sapere puntualmente verso dove.

Pin It