PISTOIA. Se nel 2018 la forbita giuria del premio Ubu lo ha eletto miglior spettacolo dell’anno, cosa volete che se ne scriva, noi? Per fortuna non ci siamo mai lasciati suggestionare, ma questo Overload (sabato 15 febbraio al Bolognini di Pistoia) è davvero un’idea geniale, che fa i conti con tutta la forbita ed eccellente tradizione di Sotterraneo, ma facendo decisamente un passo in avanti, nient’affatto più lungo della gamba. L’anglosassone Claudio Cirri è David Foster Wallace, che proverà a sottoporre il pubblico a uno dei suoi esperimenti sociologici e psicologici: misurare l’attenzione umana e stabilire se questa, cronometro alla mano, superi quella dei pesci rossi, notoriamente ferma a nove secondi (nell’acquario in scena, infatti, i due pesciolini rossi, per esistere, devono essere ricaricariti). Lo farà con estrema democrazia, perché Sara Bonaventura, l’altra metà dello Scantinato, offrirà agli spettatori la possibilità di andare a sondare i vari contenuti nascosti, che perseguitano ogni informazione; per farlo, sarà sufficiente che dalla platea, anche uno solo dei presenti si alzi dalla poltrona durante i cinque secondi che partono da quando la segretaria di studio mostrerà un cartello raffigurante una semplice freccia.

E già questa, come idea, non fa alcun difetto alla rappresentazione teatrale. Lo straordinario arriva dal primo effetto collaterale in poi, perché le sistematiche sovrapposizioni che oscurano la trama e propongono altri contenuti sono un cocktail, meraviglioso, di performance; un telecomando nelle mani degli spettatori che decide quale programma guardare, ma giusto il tempo di assaporare, epidermicamente, se possa o meno attirare la loro attenzione, figlia di spettacolarizzazioni, poverissima di contenuti. Un carosello di immagini, suoni, rumori, tempeste tropicali, partite a tennis, femminili, condite dalle strazianti urla che precedono il colpo di quasi tutte le tenniste, talk show, partite di football americano, con placcaggi al limite dell’incolumità ortopedica, dirette televisive. Tutto questo su un sottofondo che sfuma per svanire del tutto nelle immagini che gli hanno prepotentemente rubato la scena. Per dare vita a tutti questi zapping, stavolta, alla storica coppia Cirri/Bonaventura (che ci fregiamo di stimare, dagli esordi, quelli delle residenze artiche all'Atp), Daniele Villa, che ha scritto i testi, ha affiancato Lorenza Guerrini, Daniele Pennati e Giulio Santolini, che vestiti da Laura Dondoli si spostano, freneticamente, da un canale all’altro del sistema ricettivo, appagando la totale inconsistenza della media profondità dei fruitori, il nichilismo con il quale si vivono ormai tutte le informazioni. Ognuno si catapulta veementemente nel ruolo che il telespettatore aspetta di vedere: un disastro all’orizzonte, un’epidemia che non darà alcuno scampo, mostruosi incidenti stradali, disastri alleviati da intermezzi sportivi o pubblicitari che sono le parentesi con le quali leniamo le nostre ansie e sprigioniamo quell’immaginario collettivo che ci individui tra l’anonimato selvaggio nel quale sopravviviamo e ci elevi a una condizione di interesse specifico. Uno spettacolo, Overload, sovraccarico di intelligenza, di tutto il buon teatro, di parola e fisico, che seppur frenetico non perde mai di vista l’indispensabile alfabetizzazione attoriale, che si materializza negli sguardi, nei movimenti, nelle scelte direzionali. Lo spettacolo finisce sul ritorno a casa, in macchina, dei cinque protagonisti. Alla guida della vettura, sprovvista di navigatore satellitare, perché scarico e di un autoradio che possa fare compagnia e tener sveglia la compagnia esausta, Sara Bonaventura, che si prende la briga di stare al volante per tutti i cinquecento chilometri che li separano dal ritorno nelle proprie abitazioni. Sull’autostrada, però, resa insidiosa da una pioggia battente con tanto di banchi di nebbia, un camion di polli si ribalta sulla carreggiata, all’altezza di un ponte; l’impatto, prima con le galline e poi con il veicolo di trasverso, è quasi inevitabile. Sara Bonaventura, però, abile conducente, riesce a schivare il grosso veicolo; un’abile e improvvisa manovra che lancia a fionda la macchina contro il guard rail, distruggendolo. La vettura, dopo un terribile volo nel vuoto, termina il precipizio nel fiume sottostante. Solo Claudio Cirri, sbalzato via dall’abitacolo, riesce a salvarsi. Anche perché, se così non fosse stato, come avremmo potuto sapere come si è ucciso David Foster Wallace.

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