di Francesca Infante

PISTOIA. C'è un istante, magico, prima dell'inizio di uno spettacolo a teatro: ti sei seduto nel tuo posto, il sipario è chiuso e all'improvviso la luce si spegne. Rimani al buio, sai solo che la tua testa era rivolta verso il palco, ma non ne sei più tanto certo in quell'oscurità. E sei lì che aspetti trepidante che una luce si accenda, che il sipario si apra, ma non sai bene quando succederà e nel frattempo la tua mente vaga, cerca di immaginare la scena dietro quel sipario, le luci, quale attore entrerà per primo sul palco, ma soprattutto cerchi di immaginare come si svilupperà quella storia che pensi di aver intuito da quelle poche righe scritte dentro un volantino. Poi il sipario si apre quando non pensavi che sarebbe successo e capisci che esiste ancora qualcosa che riesce a sorprendere. Domenica 23 febbraio è andata in scena l'ultima replica del weekend, al Teatro Manzoni di Pistoia, de Le Signorine (prodotto da Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo e coprodotto da Artisti Riuniti), di Gianni Clementi, per la regia di Pierpaolo Sepe, con Isa Danieli e Giuliana De Sio.

Due sorelle zitelle, offese da una natura ingenerosa, trascorrono la propria esistenza in un continuo e scoppiettante scambio di accuse reciproche. È in una piccola storica merceria in un vicolo di Napoli, ormai circondata da empori cinesi e fast food mediorientali, che Addolorata e Rosaria passano gran parte della loro giornata, per poi tornare nel loro modesto, ma dignitoso, appartamento poco lontano. Una vita scandita dalla monotona, ma rassicurante ripetizione degli avvenimenti. Addolorata, dopo una vita condotta all’insegna del sacrificio e del risparmio, cui è stata obbligata dalla sorella, vuole finalmente godersi la vita. Rosaria, che ha fatto dell’avarizia e dell’accumulo il fine della propria esistenza, non ha nessuna intenzione di intaccare il cospicuo conto bancario, cresciuto esponenzialmente nel corso degli anni. L’unico vero sfogo per le due sorelle sembra essere il continuo provocarsi a vicenda, a suon di esilaranti battibecchi senza esclusione di colpi. È così che lo spettacolo si presenta, preannunciando ilarità e verità su quelli che sono i legami familiari. Il primo tempo dello spettacolo passa così fra risate amare e gag tragicomiche che fanno guardare in faccia i rapporti burrascosi che si creano in ogni famiglia, unico luogo dove puoi dare sfogo a te stesso senza riserve, perché sai che in fondo l'amore non svanirà mai. A spezzare le varie gag comiche ci sono degli inframezzi, scanditi dall'uso delle luci, che raccontano l'amarezza delle due vite, la solitudine e il bisogno morboso che le due hanno l'una dell'altra, sempre durante il momento in cui tutti ci sentiamo più soli e vulnerabili: la notte. Ma Le Signorine è un sipario che si apre all'improvviso portando la luce nel buio della sala. La vera bellezza di questo spettacolo è l'uso che fa del tono tragicomico. Se nella prima parte dello spettacolo, dietro ogni risata, si cela l'asfissiante malinconia del rapporto fra le due protagoniste, nel secondo atto le risate vengono gradualmente sostituite dal tono tragico, sorprendendo (positivamente) lo spettatore, che si trova a dover riflettere sull'importanza dei legami familiari e quanto questi possano diventare opprimenti e infine pericolosi. E vediamo l'altro lato dello spettacolo, ma anche della famiglia: quando c'è davvero bisogno di essere amati e curati, ma non sempre risulta facile e naturale. E arriva sul palco la realtà di molte dinamiche familiari difficoltose, spezzate a metà dalla consapevolezza di doversi prendere cura dell'altra persona, l'unica al mondo che c'è sempre stata, nonostante i litigi, e la voglia di riscattare finalmente la propria vita e prendersi quello spazio, che prima era occupato da quel rapporto opprimente. Le Signorine ci mette davanti a domande importati, come: quand'è che un legame diventa una prigione? Quando la voglia di libertà diventa egoismo dei più meschini? Chi mi ha sempre amato incondizionatamente? Poi il sipario si richiude, ma la luce è accesa.

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