FIRENZE. La venerazione che chiunque provi, minimamente appassionato di cinema, (ri)pensando a I soliti ignori è insindacabile: si tratta, a proposito della pellicola di Mario Monicelli, di un capolavoro, senza se e senza ma. L’omonima trasposizione teatrale (in scena alla Pergola di Firenze fino a domani, domenica 1° marzo) adattata da Antonio Grasso e Pier Paolo Piciarelli, con la regia di Vinicio Marchioni (una straordinaria resurrezione di Tiberio Braschi, all’eternità Marcello Mastroianni), ha il merito, doveroso, quasi obbligatorio - blasfemo, qualora non fosse stato osservato -, di tentare di riproporre, con devozione e ammirazione, le movenze di quei mostri sacri, che ci piace ricordarlo, rispondono ai nomi, leggendari, di Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Totò, Renato Salvatori, Tiberio Murgia e una giovanissima, ma già tra le più belle al mondo, Claudia Cardinale. La rappresentazione ha il merito, dunque, di non azzardare marchingegni e di genuflettersi ai cantori di quella banda di disgraziati, riproponendone alcune immagini indimenticabili (su tutte, l’escamotage, all’arrivo dei gendarmi, di camuffare gli esperimenti su una cassaforte/pilota con una lavatrice attorno alla quale si sta consumando una riunione condominiale di panni stesi).

Il resto, lo fa, indelebilmente scolpita nella memoria, la storia di quel film, di quel regista, di quella stagione cinematografica che rispondeva, fedelmente, ai tempi nei quali si sviluppava: un verismo culturale di rara franchezza, bellezza e nudità che diventava ciclopico con l’interpretazione di attori semplicemente ineguagliabili. Lo staff assoldato alla bisogna da Vinicio Marchioni (che è sempre Er freddo di Romanzo criminale, comunque), prodotto da Gli IpocritiMilena Balsamo - (Massimo De Santis, alias Giuseppe er pantera, un Vittorio Gassman sccccientifico, con il resto ignoto della banda Augusto Fornari Cosimo Proietti -, Salvatore CarusoPierluigi Capannelle -, Vito Facciolla Michele Nicosia, Ferribotte -, Antonio GrossoMario Angeletti -, Ivano Schiavi Dante Cruciani – e Marilena Anniballi nel doppio ruolo di Carmelina Nicosia e Nicoletta, rispettivamente affidate, nel 1958, a Claudia Cardinale e Carla Gravina) non può e di certo non vuole gareggiare con i primati, però si accontenta di avere l’onore di poterne emulare, per una tournée, anche soltanto le memorie. Artisticamente parlando, un’operazione del genere potrebbe essere paragonata a uno degli innumerevoli tributi che gruppi musicali più o meno preparati offrono al loro pubblico in onore delle loro divinità giovanili; i musicisti doc, al cospetto di questi scimmiottamenti, talvolta, anzi, spessissimo, oggettivamente mirabili, storcono il naso. Il pubblico, però, con sistematica frequenza, risponde massicciamente a questi nostalgici richiami, lasciando intendere, senza fraintendimento alcuno, di gradire. Il teatro può fare la stessa cosa? A vedere la platea della Pergola, ieri sera, venerdì 28 febbraio, in piena campagna virale intimidatoria, si potrebbe e dovrebbe dire di sì, anche perché, nonostante una cura non proprio tassonomica dei vari slang di Capannelle e Ferribotte, tutto lo staff si è dimostrato preparato e diciamocelo, qualche risata, ce la siamo fatta con gusto. Così come è stato raggiunto l’intento di voler far rivivere, con tutti i benefici di inventario e un salto di oltre mezzo secolo, la tragicommedia italiana del secondo dopoguerra, con un popolo desideroso e fiero di volersi rialzare e I soliti ignoti, meno identificabili, oggi, questi ultimi: perché un’odierna gang di delinquenti, per quanto scalcinati, una volta fatta irruzione nella casa da mettere a soqquadro per far irruzione nella banca attigua, non si accontenterebbe certo di una scodella di pasta e fagioli e di un bicchiere di rosso, una volta constatato il fallimento dello sconsiderato piano criminoso.

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