di Roberta Mattei

ROMA. C' è tempo domani per la velocità, di questa esistenza che sogni più non ha Cosi cantava Mia Martini con un filo di malinconia. Eh si, in questi giorni ci si ritrova spesso a testa in su o con lo sguardo che si affaccia fuori dalla finestra per perdersi in pensieri lunghi e senza ritorno. E non è forse questo che la velocità della vita ci aveva un po’ tolto, a botte di schermi, video virali, pensieri dovuti a un social per non sentire di scomparire? Ora possiamo scomparire. E forse ne abbiamo il dovere. Perché il tempo si è dilatato, o forse ha ripreso una forma antica, quella della lentezza. C'è quello interno e quello che gli altri stabiliscono per noi o meglio che le cose da fare ci impongono. Ora qualcosa ci sta imponendo, un tempo forse per alcuni nuovo. Quello fatto di noia, che come diceva Giacomo Leopardi è il più nobile degli stati. La noia è uno stato apparentemente statico. Ma in esso vi è la possibilità di una nuova esperienza. La stasi. Che nel suo vuoto contiene ance il tutto. Certo non che nascano dal nulla, sogni e i desideri, o che possano nascere così all’improvviso solo perché ci sentiamo annoiati.
Ma forse, se ci prendessimo il tempo per entrare dentro di noi, sovente, col tempo, ci potremmo accorgere che tutto ciò di cui ci circondiamo, e di cui ci riempiamo, altro non è che il superfluo. Perché se ci tolgono la routine in cui viviamo, sentiamo un strano vuoto. Uno stato di insufficienza. Ed ecco che il tempo della reclusione forzata, proprio come un carcere, ci porta a scoprire che ciò che abbiamo, non è forse ciò che disideravamo veramente, presi come siamo dal darci un nome, una forma, una professione, per trovare un posto nella vita stabilita a ogni costo, anche quello dell'infelicità. Il tempo, il tempo lento come in una musica, non fa ascoltare solo la nota che viene suonata, ma anche gli spazi di silenzio, quelli in cui forse il compositore respira e aspetta prima di incidere la nota successiva. Non c'è bisogno di spaventarsi, non serve; occorre forse darsi il tempo di superare il fastidio della noia e con coraggio andare indietro nel tempo e ricordarsi come eravamo, cosa ci animava, cosa ci meravigliava, e accettare che non c’entra con quello che abbiamo costruito fino a ora. E sempre nella noia provare a pensare quello che non osavamo pensare. Se questa condizione dovesse continuare, sradicando definitivamente le nostre abitudini, e magari costringendoci a cambiare lavoro, che cosa faremmo? Come ci reiventeremmo? A quali talenti di noi dovremmo ricorrere per trovare una nuova strada? Quali sogni potremmo riprendere in mano che abbiamo lasciato indietro? Possiamo anche farceli nascere i sogni, da quelle piccole necessità quotidiane. Ora abbiamo il tempo, annoiandoci, di chiederci il perché delle cose e così risvegliare domande. Perché un cucchiaio è fatto tondo? E la forchetta? Allora si apre internet, e scopriamo che, magari, in un momento di noia qualcuno si è chiesto come poter arrotolare lo spaghetto. O come sollevare e spostare una cosa liquida. Si lo so, è un esempio stupido, ma se lo applicassimo a tutto ciò che ci circonda in casa, diventano geni coloro i quali hanno scoperto le cose più elementari, ma utili alla nostra esistenza. E se ampliamo i campi? Se pensiamo agli scienziati, agli urbanisti, agli artigiani, ai musicisti, agli scrittori e chissà quanti altri ancora, cosa e quali d questi mestieri sentiremmo più vicini alla nostra indole? Dietro ogni scoperta c’è forse un mestiere, e dietro un mestiere un metodo, e dietro un metodo una forma di intelligenza. E allora ci si potrebbe riscoprire inventori, capire che forse eravamo portati ad altro. Ed eccolo il tempo, ancora lui, il nostro amico tempo che quando si ha il privilegio di poterselo godere diventa il più grande alleato. Perché ci permette di ricercare. In questa emergenza, abbiamo sentito una frase ricorrente non pensare solo a te, pensa anche agli altri; non solo al tuo bene, ma a quello di tutti. Non credo sia un caso che sia arrivato questo momento. Perché forse la velocità aveva ristretto i sogni e anche il cuore, perché un po’ tutti pensavamo a realizzare un songo di cui solo noi avremmo beneficiato. E invece quanti di noi si sono riscoperti preoccupati non solo per se stessi? Ci siamo trovati a doverci ricordare - come dice il Papa - se la nave affonda affondiamo tutti. E allora il sogno può farsi più grande e quello nostro può essere servitore di un sogno più importante. E forse essere ricco può cedere il passo a essere utile, in qualsiasi modo e con i mezzi che abbiamo pochi o tanti che siano. Ma comunque a servizio degli altri (che poi siamo noi) Il sogno che la terra possa essere meno violentata; le leggi più giuste e eque; il governo più come un padre che come un usurpatore; l’economia e le sue regole riviste: l'acqua, la salute, la proprietà, diritti insindacabili; che si deve lavorare per vivere e non vivere per lavorare. Slogan idealistici? Forse sì, ma il tempo che ora abbiamo ci sta costringendo a queste riflessioni. Questo è un fatto. E forse, quando un nostro diritto tenteranno di sottrarcelo, non diremo più non ho tempo, ma ce lo prenderemo per andare a reclamare quello che ci spetta. Questo il mio sogno. I sogni sono piccoli e grandi, e per realizzarsi pretendono tempo, pretendono forse quel momento di noia in cui tutto tace, e la voce che abbiamo soffocato con la velocità riesca a cantare fino al cuore.
