di Annibale Pavone

FIRENZE. E poi cosa succederà? Adesso che è tutto fermo, che abbiamo tempo per stare con noi stessi e ascoltarci, adesso, in questo silenzio, sentiamo ciò che prima era coperto dal rumore, vediamo ciò che si nascondeva sotto quel continuo andare e venire. E finalmente le cose ci appaiono nella loro nudità, e prendiamo coscienza di cosa sia davvero importante. E pensiamo che quando ricominceremo sarà diverso. Avremo capito che non ha senso quella frenesia del fare, se basta poco più di un cimurro per fermarci. Che non ha senso calpestarci e farci la guerra se basta un pipistrello per sconfiggerci tutti. Adesso che l’aria è pulita e perfino il buco dell’ozono si sta chiudendo ci rendiamo conto che non vale la pena distruggere l’ambiente per due soldi in più, se basta un attimo per togliere a quei soldi qualunque valore. Adesso che tocchiamo tutto questo con mano pensiamo che non ce lo scorderemo più. Sarà dura tornare a fare teatro, ma sarà finalmente naturale essere solidali, e diventare una vera categoria di lavoratori ed essere riconosciuti come tali. Il pubblico tornerà a vedere gli spettacoli, non per abitudine sociale o per distrarsi un’oretta, ma per ritrovare nel teatro la bellezza di un rito nato non per consolare o rassicurare, ma per far crescere l’uomo come parte di una comunità viva.

E sarà bello tornare a farlo il teatro, mettersi in gioco senza risparmiarsi e senza avere certezze, condividere il lavoro, perché il teatro non si può fare da soli, e godere di questa cosa meravigliosa e terribile che è il suo essere effimero, della sua continua trasformazione che è vita. E anche i direttori e i sovrintendenti dovranno prenderne atto, e incassi poteri e algoritmi avranno tutto un altro valore. Ecco, questo è quello che per ora penso nei momenti di ottimismo. Ma poi… Poi la preoccupazione prevale, non mi fa concentrare, non mi fa studiare, mi fa continuamente aprire il frigorifero. Faccio cose che non avevo mai fatto, tipo stare ore su un solitario online o addirittura pubblicare dei post sui social, io che finora sono sempre stato un discreto e occasionale voyeur. E vedo come nonostante il dramma che stiamo vivendo la gente continui a insultarsi ferocemente augurandosi la morte, o se va bene pubblica album fotografici di pantagrueliche grigliate, mentre imperversano catene di S. Antonio, foto attira-like e rassicurazioni di personaggi che più che tornare ad abbracciarci vorrebbero non perdere il piccolo potere che si sono guadagnati, o che qualcuno gli ha regalato. Vedo quelli che pregano nelle trasmissioni trash, sento le volgarità di alcuni amministratori, le sparate di chi vuole visibilità incurante dei drammi della gente, gli opinionisti isterici e urlanti, e all’ennesimo io non ti ho interrotto getto la spugna. E mi dico che no, non è in atto nessun cambiamento epocale, c’è solo una malattia bastarda che farà ancora tanti morti e tra qualche mese andrà via. Ma non ci cambierà, e forse alla fine sarà meglio così, perché per cambiare dovremmo soffrire davvero a lungo fame nera e disperazione; una coscienza nuova non è un regalo che ti arriva per posta dopo due mesi in pigiama. Torneremo ad affannarci, a fregare gli altri e ad inquinare, ma con pochi soldi in tasca saremo tutti ancora più cinici e cattivi. I teatri riapriranno i sipari, ma senza risorse, ci azzanneremo per sopravvivere, altro che categoria solidale. E allora forza, devo darmi da fare, da domani mi rimetto in forma, cerco un corso online di total fitness e un tutorial per fare dei buoni video, che se qui prima dell’autunno non si riapre, almeno un canto di Dante mi toccherà postarlo.

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