
FIRENZE. Non sappiamo se nelle corde di Luisa Bosi e Francesca Sarteanesi ci sia stato, o ci fosse, in origine, nell’ideare e portare in scena Bella Bestia, la volontà sottesa di navigare introspettivamente tra i meandri, i più reconditi, dell’universo umano in generale, e nello specifico, femminile. A noi, ieri sera, al Teatro Cantiere Florida di Firenze, per l’unica replica dello spettacolo prodotto da Officine della cultura con il contributo della Regione Toscana e il sostegno del Centro di Residenza Armunia Capotrave/Kilowatt, questo secondo eventuale e virtuale livello ci è sfuggito del tutto. E per fortuna. Perché ci siamo divertiti tanto. Sì, certo, sono le risate tristi prodotte dalla goffaggine della migliore scuola clownesca, è la simpatia che scaturisce da conversazioni surreali perché inesistenti, è l’ilarità digrignata a mandibole serrate di un turpiloquio abortito grammaticalmente, non certo nell’intensità e nella volontà, ma vorremmo rivederle subito, stasera, Francesca e Luisa e non necessariamente a teatro, ma anche sedute a un tavolino di un bar qualsiasi, dove gli spritz, i gestori, non sanno cosa siano, ma di come si faccia a bere e in quantità industriale sono docenti universitari. Perché esiste il teatro per antonomasia, quello nel quale l’attore entra nei panni del personaggio e seppur modulandolo e metabolizzandolo con la sua personalità, finisce per somigliargli maledettamente, fino al punto di avere difficoltà, al termine della rappresentazione, di riappropriarsi se stesso.
In questo caso – ma con la Bosi e la Sarteanesi succede spesso, anzi, sempre - è esattamente il contrario: l’attore/persona si racconta, narrando le proprie vicende umane e personali, che sono così vere e ricche di storia, che diventano professionali. Quindi, il trapasso recitativo è opposto ai crismi abituali: è la persona che si impossessa dell’attore e attraverso le regole del palcoscenico riesce ad alzarsi dal tavolino del bar e arrivare, alla ben meglio, fino al foyer, dove l’aspetta un’organizzazione, una struttura, una platea e soprattutto il pubblico, gli spettatori, la gente, che hanno presuntuosamente l’impressione di imbattersi in un attore che sembra non esserlo, così come non lo sono realmente loro che hanno pagato il biglietto. Francesca e Luisa sono lì, sedute l’una accanto all’altra; due amiche che possono finalmente liberarsi senza dover stare attente alle forme e alla deontologia, capaci di rinfrancarsi reciprocamente. Assolutamente no. Ognuna è nel proprio mondo, arrovellate da un amore non corrisposto, la prima, e da un tumore, l’altra. Sono due malesseri così distanti e diversi che finiscono per somigliarsi molto quando devono interfacciarsi con il resto dell’umanità, sentimentalmente corrisposta e sana. Allora non è vero che in Bella Bestia non ci sia una sottotraccia umana, morale, antropologica, una seconda lettura, un altro livello comunicativo; allora bastava rifletterci un attimo, prima di scrivere. No, confermiamo tutto, perché è proprio il dolore del malessere non certificato a scatenare il nichilismo più bieco, devastante, atomico, onirico, profondamente divertente e dunque ingrato; la Liguria, Torino, la Puglia, la Val d’Aosta, i prodotti tipici delle loro pregiate cucine, i loro vini da cantina, la gente che gira senza meta in quelle strade, la psicanalisi, la medicina, la guarigione, il tempo, gli uomini, la loro voglia di fica, la paura delle donne del cazzo, la mamma che si fa fotografare, da una vita, con quell’espressione ebete e urticante, i suggerimenti, le linee guida, le domande che necessitano di risposte, le risposte che rispondono alle domande, gli uomini che cercano in tutti i modi di essere interessanti e unici agli occhi dei loro desideri femminili, la voglia di scomparire senza lasciare traccia, ma con il senso di colpa lasciato in eredità a tutti i conoscenti, bruciando in una notte gelata di inverno sotto la coperta elettrica, avvolta nella vestaglia di pile, con la musica di Sakamoto in sottofondo: madonna sakamoto! Perché avete voglia a fare, raccontare, viaggiare, comprare, spendere, guadagnare, fottere e farvi fottere, ammalarvi e guarire: un giorno, la Bestia, ma quella Bella, vi si struscia ai polpacci facendovi pure le fusa. Non l’accarezzate, perché una volta fatto, saranno cazzi vostri.
