di Letizia Lupino

PISTOIA. Estate 1989, estate 1989, estate 1989. Un ripetuto rintocco che come un mantra ci ferma lo sguardo e ci fa balzare subito indietro più di trent’anni. Questo è l’inizio, o meglio, le battute successive dello spettacolo andato in scena al Funaro di Pistoia: Santabriganti presenta Kriptonite. Scena scarna, se non fosse per il microfono ben piantato al centro, una bottiglietta d’acqua sulla destra; che già ci fa presagire qualcosa, quantomeno una sensazione, una cassa audio sulla sinistra e poco dietro un lampeggiante. Buio in sala, voci dall’alto cadenzano l’inizio, un’accorata preoccupazione ci prepara, il lampeggiante inizia a girare. In punta di piedi, come un ninja un po’ imbranato, Peppe Macauda fa proprio il microfono, morbidamente la scena diventa sua; si abbassa il cappuccio della felpa rossa e comincia la risalita di quell’incredibile estate di fine anni ottanta. È un viaggio intimista, e neanche troppo, di un ragazzino/eroe che con l’innocenza e l’arroganza degli assolutismi di quell’età tenta di affacciarsi al mondo, ormai seme schiuso, e di combattere la Kriptonite quotidiana, gli stronzi quotidiani.

È attraverso il corpo del protagonista, che oltre al testo scritto, è esso stesso testo che ci prende per mano e ci fa entrare in spire temporali che non hanno confini, ma che ci suonano familiarmente vicine e allora le lancette, vorticando, cominciano a girare al contrario e, oltre a vederlo, lo sentiamo lo sguardo ricambiato della ragazzina che ci piace, l’immobilità e la paura di fronte il bullo di turno, l’impazienza di ritirarsi nel nascondiglio segreto in solitaria con la forza del virgulto pronto a spiccare il volo, come un Superman speciale e cambiare le sorti dell’umanità. Orazio Condorelli, regista e curatore della drammaturgia insieme a Salvatore Frasca, tecnico luci, disegnano un fumetto, delineano, con puntualità e precisione, ricordi adolescenziali sbiaditi in un diaframmatico battito di ciglia dando vita a una perla metafilmica che cambia come cambia quel cinema che ieri era proprio lì e oggi non ne resta che un vago vestigio, come cambia e cresce il personaggio che frequentava quel cinema, proprio con la ragazzina che gli aveva tolto il fiato e che oggi non riconoscendo più il cinema riesce a riconoscere se stesso. È un film retrò che racconta di un tempo che non è più, ma che inevitabilmente ci rimane addosso come la polvere della ghiaia dopo una sterzata di bicicletta, mantello imprescindibile del supereroe, il sine qua non dei supereroi, perché, in effetti, Superman senza mantello non sarebbe Superman, così come Kriptonite senza Peppe Macauda non sarebbe Kriptonite.

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