di Letizia Lupino

PISTOIA. Un sabato sera di luglio come tanti, una serata afosa nel pieno dell’estate, il polo museale della Fortezza Santa Barbara di Pistoia pronto ad accoglierci, l’arco di pietra aperto, la porta spalancata. Avanziamo lungo il ponte; qui, un tempo, cavalieri e dame, vite che attraversavano l’immobilità della sostanza, ieri come oggi. La corte si para davanti, le sedie, il palco, Teatri di Pistoia, Spaziaperti 2021 ci prende e ci fa accomodare in attesa, una leggera brezza ci ammorbidisce il corpo, la testa è attenta. Monica Guerritore sale sul proscenio con la naturalezza di colei della quale si dice che potrebbe guidare ad occhi chiusi e ci mette, perciò, a nostro agio, ci guida, è un piacere per gli occhi, poi lo sarà anche per le orecchie quando il tecnico le accenderà il microfono; è un luglio pandemico che ci inciampa, rendendoci tutti un po’ più umani, teneramente fallibili. Dall’Inferno all’Infinito è un discorso dell’intima necessità di scandagliare attraverso i grandi, Dante, Pasolini, Morante, Eco e Galimberti le anse dense, profonde e immaginifiche dell’animo umano. È la volontà di scardinare i versi, parole al microscopio che vivono di sfumature nuove, luminose. Sorprendente la visione, il corpo dell’attrice che si accascia sulle travi del palco, l’animo umano che sprofonda; l’onda creativa dell’immaginazione che ne scaturisce è potente, ci coglie impreparati, perché impreparati siamo alle virate dell’anima.

È un percorso tortuoso quello che ci fa percorrere Monica Guerritore, gli occhi bruciano, tutti noi ci riconosciamo in quelle corde strette che ci hanno gonfiato il cuore, mozzato il respiro, tolto le forze e l’anelito vitale. Ma la mano è tesa, così come Virgilio per Dante, la Guerritore per noi fa luce negli anfratti stretti e aguzzi che mai vorremmo toccare e con estrema morbidezza non ci fa sentire da soli, ma ci accompagna, lei, nella comprensione del nostro Inferno interiore fino a quell’Infinito intuito che ci condurrà nuovamente a riveder le stelle.

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