di Stefania Sinisi
FIRENZE. Laura (La Divina), la stessa Laura Morante che siamo abituati a vedere e acclamare al cinema e in tv, vincitrice di un David di Donatello e del Nastro d'argento come miglior recitazione femminile, che vanta diverse collaborazioni internazionali con molte interpretazioni che le hanno permesso di sfoggiare una grande versatilità, distinguendosi tanto per la commedia quanto per opere drammatiche, si è presentata a Firenze, alla Pergola, in prima assoluta, con la sua creatura “Io Sarah, io Tosca”, diretta dall’ex marito Daniele Costantini. Si vede e si sente che dietro a tutto il suo immane lavoro metta spasmodicamente tutta se stessa, anche in questa sua veste teatrale, letteralmente impeccabile, dove indossa gli eleganti e preziosi panni di Sarah Bernhardt, la prima vera diva della storia, che conferì e acquisì la sua fama con la Tosca del celebre Victorien Sardou. Scenografie ricche e sontuose, piene di eleganti contrasti, degni del Teatro la Pergola di Firenze in cui siamo stati amorevolmente viziati dalle scenografie di Gabriele Lavia e di tanti altri grandi autori. Talmente professionale e impeccabile in questa recitazione che la onegirlshow risulta quasi accademica.
Impressionante la preparazione tecnica e la dizione perfetta delle parole scandite con una voce elegante e sensuale, ma con una fretta disumana. Vanta una memoria eccezionale e una padronanza diaframmatica sconcertante, che a volte destabilizza per la sensazione di vederla rimanere quasi in una sorta di apnea respiratoria. Le pause, così belle, poetiche e così eloquenti e rappresentative, in teatro sono state però adombrate da un testo che doveva probabilmente far rientrare tutto così come lo aveva pensato, forzatamente concepito, senza alcuna limatura o sintesi del superfluo. L’attrice ha investito decisamente troppo solo su stessa. Intenta in un interrotto e lunghissimo monologo pieno zeppo di nozioni non sempre indispensabili, né tanto meno funzionali, hanno finito per svilire la rappresentazione e trasformarla in un bellissimo calderone. Avrebbe dovuto personificare tre momenti particolari della vita della Bernhardt: prima del debutto, durante le estenuanti prove e dopo la sua trionfale interpretazione della Tosca, ma nessuno (con l’ansia del debutto, il lavoro snervante delle prove e dell’entusiasmo della gloria e della proclamazione di un grande successo) è riuscito a scandire i passaggi; tutto vago e sospeso, sorretto da uno sterile soliloquio, con una Tosca che ha finito per essere una comparsa. Poco brillante anche l’interazione con la giovanissima Chiara Catalano (voce e pianoforte), che avrebbe dovuto esaltare e dare lustro alla storia con un gioco di botta e risposta che spesso invece è stato inesorabilmente soffocato.