FIRENZE. Non è da escludere che questa rappresentazione, ilare e disinvolta, ma tutt’altro che leggera, nasca da una reale conversazione, casomai ascoltata distrattamente, o invece raccontata, tra smorfie di incredulità di ogni sorta di mimica, da una delle due protagoniste (Maria Amelia Monti) al marito (Edoardo Erba, il regista). Sì, perché in questi inenarrabili e inimmaginabili due anni, ognuno si è difeso come meglio ha potuto e fatto. E non è dunque da escludere che qualcuno, come Lorella (Marina Massironi), dopo vari fidanzamenti naufragati nel corso di svariati lustri in tempo di pace, in piena pandemia abbia trovato/cercato il proprio partner ideale: Il marito invisibile (alla Pergola di Firenze fino al primo del 2022). Ad ascoltare/guardare, via chat, l’irrequieta e insoddisfatta Lorella, infatti, c’è Fiamma (Maria Amelia Monti), che la sua pace, invece, l’ha trovata, da ben venticinque anni di matrimonio, più sette di fidanzamento. Certo, il marito, che soddisfa a pieno le sue esigenze primarie borghesi (una bella casa in campagna, tutti i comfort, due figli grandi sistemati e fidanzati), è un po’ assente, inverosimilmente poco loquace e non ricorda mai di gettare l’umido nell’apposito cassonetto. Ma c’è, e a cinquant’anni suonati, ci si può anche accontentare dei ricordi.
La trama è questa, senza antiparvi nulla: due amiche dagli anni del liceo, si ritrovano, dopo un po’ di tempo di reciproco silenzio, in chat. Ed è su questa letale linea privilegiata di conversazione – che ha sostituito, o meglio, soppiantato, i normali rapporti interpersonali – che si snoda tutto lo spettacolo, con le due sassantenni (la Massironi non li ha ancora, ma per un’inezia) che siedono alle loro rispettive scrivanie, poco distanti l’una dall’altra sul palcoscenico, ma rispettivamente posizionate (nelle immagini gigantografate sul proscenio) in camera da letto (Lorella) e in cucina (Fiamma). L’apparente banalità del distico, autorevolmente supportata dalla simpatia, chimica, professionale, quasi fisica, esercitata dalle due protagoniste, veterane spacciatrici, entrambe, di massicce dosi di risate, si stempera velocemente. Un po’, perché nell’invidiata ma agghiacciante solitudine di Lorella, ci ritroviamo, per qualche verso, se non tutti, molti dei single conclamati; un po’, però, anche perché, con il trascorrere del tempo e delle sue nuove incontemplabili e impronosticabili incertezze, ognuno di noi, al di là del proprio stato sociale, sembra iniziare a nutrire qualcosa di più nell’invisibile delle semplici percentuali scaramantiche. Mentre scriviamo ci sorge il dubbio che la nostra lettura abbia sconfinato anche le più impenetrabili e introverse volontà della regia e che solo noi si sia potuto scorgere, tra le righe di questa surreale e divertente conversazione, un pio desiderio consolatorio: che solo quello che non si vede, dal marito a qualsiasi altro soggetto umano, riesca a darci sollievo. Se così non fosse e se la nostra attenta e partecipata emozione alla rappresentazione avesse esondato ogni ragionevole intima intuizione, chiediamo scusa; ci saremmo accontentati anche solo di vederle così come sono, le due mattatrici all’opera, con la Monti che, con il trascorrere del tempo, appare sempre più l’eteroreincarnazione di Vittorio Feltri.