di Dario Monticelli
PISA. Prima ancora che si accendano le luci sul palcoscenico, avverti già l’alcol bruciarti in gola; nel bagno in fondo a sinistra, la suola delle scarpe sdrucciola sul pavimento fradicio di urina, urina nella migliore delle ipotesi; i gomiti che si appiccicano al bancone, perché il bastardo prima di te non ha usato quei dannati sottobicchieri. L’aria densa di sigaretta invece no. Ci sarà birra a fiumi, cocaina, una motosega, ma le sigarette sono bandite. Fa un po’ strano, ma tranquilli, nessun pudore politically correct all’orizzonte. Ci pensa subito l’introduzione fuori campo di un mefistofelico Alessandro Haber (voce che, seppur registrata, tornerà come vero e proprio personaggio, incorporeo quanto devastato e minaccioso, come la cattiva coscienza del mondo occidentale, cattivissimo e xenofobo, eppure così fragile) a dare il timbro su cui si accorderanno gli strumenti/attori: eh sì perché lo stile da sit-com americana s’intona bene con i ritmi di un incessante jazz recitativo. Mai una nota fuori posto, letteralmente: sottofondi musicali azzeccati e mai invadenti e diaboliche citazioni disneyane. Clima teso e scenografia sfasciata e spaccata in questo Animali da bar (di Carrozzeria Orfeo, prodotto da Fondazione Teatro della Toscana, al Teatro Nuovo di Pisa), come le loro vite tragicomiche.
Nessuna pretesa di verosimiglianza del resto, tutto è esagerato, grottesco, eppure alla fine è tutto così vero: si ride davvero (potrebbero aver scoperto una particolare vena di black humor, talmente black da diventare ne*ro humor), sono stronzi davvero (anche se a momenti speri possano redimersi), ci si commuove anche un po’ davvero. Cambio di registri repentino, da escatologico a scatologico il salto è brevissimo e sublime. Roba per stomaci forti, ma insomma pure voi cosa ci fate in una bettola di periferia in piena notte?! L’autore infine si intromette concedendo a un personaggio il ruolo di demiurgo: Satana di questo mondo, nell’etimologia del termine nemico della gente, ma appassionato comprimario delle loro esistenze, oppure il Dio indifferente fautore del libero arbitrio? Il messaggio finale: non vi aspettate un lieto fine (dalla vostra vita, intendo). Magistrale la regia di Alessandro Tedeschi, Gabriele Di Luca (anche interprete e autore del romanzo da cui è tratto lo spettacolo stesso) e Massimiliano Setti (interprete e autore delle musiche originali), coadiuvati sul palco da Beatrice Schiros (cinicamente strepitosa), Pier Luigi Pasino (inquietantemente conturbante) e Paolo Li Volsi (adorabilmente insopportabile).