PISTOIA. Non è uno spettacolo per tutti, via. O meglio. Lo sarebbe stato per tutti, ma a patto che a tutti, prima di entrare in sala, nel foyer, qualcuno dell’Associazione Teatrale Pistoiese avesse distribuito sostanze altamente stupefacenti, dunque proibite, a effetto immediato, che avrebbero consentito così, all’ignavo spettatore, di mettersi in sintonia con i giochi di prestigio scenografici della compagnia eVolution dance theater e uscire, dopo lo spettacolo, piacevolmente stordito e per nulla interdetto, anzi, divertito fino all’ebetismo, per non aver capito come sia possibile che scie luminose prendano forma e corpo e diventino funi, lacci, manti, lenzuola, che dal nulla compaia un essere umano in carne e ossa e che nel nulla scompaia un istante dopo. Certo, il soprafondo musicale ricorda, maledettamente, quando i Pink Floyd, altre volte i Massive Attack, ma anche i Chemical Brothers, così come i giochi di luce e geometrie riportano alla memoria i conflitti interstellari della fantascienza anni ’70, ma resta il fatto che la componente ipnotica di Blu infinito, lo spettacolo che ha aperto ufficialmente le danze, ieri sera, della lunga e variegata stagione artistica dell’Atp, è quella che ha rapito l’intero pubblico, composto da mamme e papà che in più di una circostanza hanno dovuto rassicurare i propri piccoli pargoli che le cose viste al Teatro Manzoni non sono vere. O meglio, le riescono a fare solo poche, pochissime persone, come gli atleti, acrobati, ballerini, ginnasti, danzattori Leonardo Tanfani, Antonella Abbate, Matteo Crisafulli, Carlotta Stassi, Giovanni Santoro, Giulia Pino, Nadessja Casavecchia, ad esempio, ma solo perché da circa quindici anni, di loro, se ne (pre)occupa Anthony Heinl, avvalendosi, per la cura e la messinscena dello spettacolo, di Simone Sparky, Adriano Pisi e Piero Ragni, rispettivamente impegnati nei laser, direzione artistica e costumistica. Per fortuna, nella seconda frazione dello spettacolo, i magnifici sette si sono fatti finalmente vedere, in tutta la loro sinuosità fisica e atletica, dando vita, su uno di quei gonfiabili approntati dai Vigili del fuoco per le improvvise evacuazioni, a giochi pirotecnici di alta, altissima, difficoltà, che loro hanno naturalmente eseguito con il sorriso sulle labbra, e gli addominali in gran spolvero, ovviamente, perché il pubblico, fino ad allora meravigliato per i misteri di luce e colori, potesse finalmente giungere alla conclusione che non si fosse trattato solo e soltanto di magia, ma anche e soprattutto di studio e sacrifici matti e disperatissimi. La scusa dello spettacolo, il pretesto per andare in scena, è legato al blu come componente cromosomica dell’acqua che consente a tutto il resto di fluire, comporsi e decomporsi, in un carosello di figure mitologiche, pesci d’ogni ordine e razza che rimbalzano da un lato all’altro del proscenio, in una festa accecante di colori, ma non di quelli pastello, morbidi, che si associano sobriamente su completi da grandi cerimonie, ma di quelli utilizzati per gli spot pubblicitari che devono sconfinferare la curiosità più nascosta, quella che non si può decifrare, chiamare per nome, ma che nei momenti opportuni corre in salvo al compratore e induce al peccato, al consumo, all’acquisto. La stagione teatrale che sta per iniziare poggerà i suoi rudimenti artistici su altre forme di aggregazione, interesse e divulgazione, ma questo prologo, a noi che non siamo mai ricorsi alla chimica, per farci sorprendere dalla vita, qualche rammarico ce l’ha fatto venire.

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