ROSIGNANO MARITTIMO (LI). Ma esiste davvero, Nikita? Da qualche parte sì, assicura Francesca Sarteanesi, ma non è così importante. È come la moglie di Sergio, il suo spettacolo precedente; la surrealtà dell’attrice drammaturga della Piana non è mai fantascientifica. Disallineata sì, con convinzione, coraggio e dolo, ma lungo quella bisettrice dove i sogni si infrangono, confondendosi, con la realtà e dove la realtà, per riuscire a sopravvivere e raccontarsi, ha bisogno di sognare. È una nobile decaduta, Nikita, nobile nella sua mediocrità, certo, ma da giovane ha potuto dire la sua e l’ha detta. È stata una troya; ora, con l’incedere del tempo e le esperienze, è diventata una grantroya, ma sta sempre alla cassa del luna park. Il suo mondo si interfaccia con i clienti che vengono alle giostre: con alcuni di loro interagisce; alla maggiorparte, in verità, stacca, semplicemente, il biglietto, ma la linea di congiunzione degli sguardi tra acquirente e venditore crea quell’alchimia che scatena fantasie e spolvera i ricordi. Il suo pubblico non c’è mai stato e seppur sia stato sempre numeroso, non le ha mai tributato un applauso. Parlerebbe anche da sola, Nikita; in realtà lo fa, ma da qualche tempo, nelle sue lunghe reminiscenze giovanili, ha finalmente trovato un suo alter ego, anzi, una spettatrice privilegiata, Nadia (Alessia Spinelli), la sua estetista, o meglio, la sua pedicure. Che l’ascolta o finge di ascoltarla senza mai perdere di vista la professionalità del suo impiego, grazie al quale, almeno, ha l’opportunità di ricevere tutte quelle informazioni che chiunque altro ignora. E poi è lì, dietro il bancone del luna park e anche Nadia, che non potrà mai ambire ai trascorsi di Nikita, può dire di esserci stata, soprattutto quando ascolta e afferra che alla sua Nikita è successo qualcosa di incredibile, una storia d’amore, seppur lunga solo una notte, con Julio, uno dei miti della sensualità, che si stenta a credere, figuriamoci a raccontarlo. In quel preciso istante, quando la cascata indiscriminata di informazioni assume i connotati specifici e sagomali dell’immaginario collettivo, prendono il sopravvento tutte le più morbose attenzioni e il dialogo, fino ad allora sordo, per un verso, muto, per l’altro, diventa ideale. Lo spettacolo, prodotto da Scarti, Centro di Produzione teatrale d’Innovazione e dal Teatro Metastasio di Prato, con il sostegno di Teatri di Pistoia e che ha debuttato stasera (venerdì 5 luglio) al Teatro Nardini di Rosignano Marittimo, nell’ambito del Festival Inequilibrio, di Armunia, è una nuova scommessa di Francesca Sarteanesi/Tommaso Cheli, due amanti di un linguaggio senza rete, di tempi scenografici ampliamente asfittici, di quel teatro/non teatro che si alimenta di supposizioni e che delega a immagini spesso minimaliste e clownesche il lato povero, ma altamente significante, della scrittura. Senza premesse, senza epiloghi, in un’immersione totale a profondità siderali senza bombole, giusto il tempo di una profonda boccata d’ossigeno dei protagonisti, in un’altalena tragicomica fatta soprattutto di profonda solitudine, con dialoghi abortiti sul nascere e interazioni mai diventate adulte. Una scrittura convincente, provocatrice, indignata, che necessita della complicità di un pubblico al quale raccomandiamo profonda, possibilmente totale, oggettiva immedesimazione; un carnevale carioca senza samba, sorretto dalla tragicomicità dei suoi carri più sgangherati che invece di passare tra due ali di folla in festa, tra pelli abbronzate e lucide e stese e occhi lucidi di saudade, cercano riparo in una vecchia stalla di campagna, lontano da qualsiasi sguardo. Alla tristezza della quotidianità esistenziale, quella dei colori, sgargianti, ma fittizi, delle giostre, fa eco il sadismo di chi non ha alcuna intenzione di edulcorare la mestizia e l’ingiustizia, chimiche, della vita, infierendo sulle debolezze, sulle precarietà, sulle incertezze, dando il colpo di grazia agli agonizzanti alla ricerca della sopravvivenza. Così Nikita, che finirà la sua vita dietro la cassa del luna park, è quella che vorrebbe essere stata, quella che è e quella che non immagina potrà diventare, una trilogia esistenziale/temporale senza pause, dove il passato si fonde nel futuro e trova nel presente la sua più corretta didascalia. Una cascata di informazioni, figli di ricordi, sogni, aspirazioni; un getto continuo di aneddoti, raccontati più per non dimenticarli, che per dar loro un senso. La foto fornitaci dall’ufficio stampa non è stata scattata (da Gabriele Acerboni) sotto l’effetto di sostanze allucinanti o all’indomani di un’epica sbronza; è una scelta divisa e condivisa dalla Sarteanesi e dal suo staff, da una memoria che spesso confonde e ci confonde e che ci rende, virtualmente, solo sagome indecifrabili, difficili da ricordare, impossibili da definire. È il teatro neorealista, il teatro dell’impegno, il teatro delle parole e della sua forza; è quello che non può e non vuole smettere di recitare, ma che sa benissimo che il tempo delle pantomime è finito ormai da tanto e che occorre rimboccarsi le maniche per provare a essere ancora creduti, seguiti, applauditi.

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